Il caso Flash Art ha avuto un merito: quello di svegliare il dibattito. La nostra analisi sul tema ha portato più domande che risposte ed una serie di reazioni che ieri hanno preso sostanza anche nel blog di Gloria che vi invito a visionare per completezza. Partiamo con Bauman, non si sbaglia mai:
http://youtu.be/3eQXr6-XJYc
Il contesto è complesso, le persone hanno paura, i giovani sono insicuri, non è più come una volta. Carlo Fava canta l’uomo flessibile e sono riflessioni che non si possono non condividere. Partendo da questo contesto ci sono due vie possibili, a mio modo di vedere:
- provare a cambiare il contesto / lo scenario
- adattarsi allo stesso e costruirsi un’esistenza “con quello che ci viene dato”
Anche se la prima opzione è più nobile, opto per la seconda. Si può giocare subito, senza aspettare che qualcuno tiri le righe del campo, “nel frattempo andremo a occhio”. Le nostre riflessioni sul tema Flash Art hanno affrontato il problema “lato marketing” come ci compete, non potevano però non emergere domande utili e al tempo stesso “pesanti come macingni”, che hanno ovviamente fatto riflettere i lettori, provo a dire la mia sugli stimoli di Stefano:
Perché andiamo a fare uno stage da flash art? che si impara di così speciale? perché i nostri giovani si ostinano a sbattere la testa su lavori impossibili? perché non protestare su un’università che – sembra – non insegna le cose che servono davvero (le linque, l’informatica..)? ovvero perché non smentire un signore che accusa l’università di totale inettitudine forse per evidente interesse aziendale? oppure – prendendo la questione da un altro punto di vista – perché non ragionare sulle ragioni per cui un giovane di 23 anni non apre un blog di arte contemporanea da alimentare ogni sera e fa l’idraulico la mattina?
Queste domande contengono più di un tema, provo a scompattare:
- Le aziende: le aziende oggi prendono atto del contesto, se io come marketingarena voglio crescere ed assumere un neolaureato pagandolo circa 10.000 euro l’anno, ne spenderò almeno 15.000 con il risultato di “stare stretto” a livello aziendale ed avere una persona in casa che parte già “quasi insoddisfatta” e dubbiosa di fronte a un contratto che dura non più di un anno, perché non so cosa succede la fuori. Ma se noi ce la caviamo senza problemi, il fatto è che anche le banche oggi giocano su apprendistati e contratti a tempo.. Una responsabilità c’è. Ci giocano, e Flash Art ce lo dimostra
- L’università: quando ho fatto l’università mi sono reso conto immediatamente dello scollamento tra le tematiche trattate in 3 corsi su 5 e la vita vera. Sicuramente è importante conoscere l’economia industriale o studiare il diritto, ma questo “dizionario di base” (per la verità fondamentale), non può spostare sempre più in alto la lancetta della specializzazione. Se la comunicazione aziendale me la insegni al quinto anno, quando imparerò il web marketing? Come potrò competere con colleghi stranieri in un mercato globale in cui un indiano a 20 anni saprà già fare le App e un americano (domani cinese) ha già visto tre paesi con periodi formativi di 6 mesi l’uno? Dov’è il “gran tour” italiano? Continuiamo ad essere terra di conquista
- I giovani: qualche giorno fa ho raccontato quello che faccio all’università, ieri a un flash master di approfondimento. Stessi temi, stessa età dei partecipanti. I primi ottenevano gratuitamente o quasi (università) la “submission” della mia lezione. I secondi pagavano. Nel primo caso poche domande, quasi nessuna. Nel secondo un turbinio di commenti e questioni. Una ragazza il mese scorso alla domanda “cosa ti aspetti da questo master?” mi ha risposto “di trovare lavoro”. Le ho chiesto se aveva un profilo Linkedin, no. Un blog, no. Al che l’ho invitata a scrivere un articolo per marketingarena che poi avremmo linkato al suo profilo, intanto per fare un po’ di personal branding. Mai visto nulla.
Quello che voglio dire è che indignazione e sfiducia stanno di certo uccidendo teste già sopite, ma queste energiche scosse di orgoglio forse dovrebbero concentrarsi nello “scaricare a terra” qualcosa di positivo e propositivo. Più impegnati che indignati, come dice Gloria, sarebbe un successo per tutti. Probabilmente il 90% di chi oggi “fa fatica” non potrebbe e non potrà fare diversamente, ma io creo che qualcuno la fuori qualche possibilità l’avrebbe.. cominciamo con un blog?