La fiducia dell’imprenditore si guadagna sul campo. Premettendo che ogni realtà è diversa dall’altra, ultimamente mi sto chiedendo in che modo un consulente esterno di marketing possa aiutare realmente una Pmi. Teniamo conto che la maggioranza delle pmi italiane è attiva nel mercato del B2B, ed è focalizzata in business molto specifici le cui dinamiche si possono comprendere solo se coinvolti attivamente nel mercato, credo che uno studio svolto all’esterno non sia una soluzione del tutto opportuna per soddisfare le esigenze dell’azienda. Prendiamo il caso di un’impresa di 10 persone, iperspecializzata nella progettazione e gestione di macchinari per un X settore (qualsiasi esso sia) e che senta l’esigenza di crescere, data l’eccezionalità del proprio prodotto. La figura del consulente esterno, che arriva a dettare le linee guida da seguire, quelle ideali e perfette, ma che al primo intoppo saltano, mi sembra una soluzione inadeguata al problema.
Sia chiaro, la mia è solo una provocazione e non una presa di posizione nei confronti della figura del consulente di marketing, professione che tra l’altro in futuro spero di esercitare; il consulente in molti casi si configura come un raffinatissimo problem-solver, non lo metto in dubbio: il mio punto di vista è che il marketing nella PMI italiana, realtà nel quale lo stesso marketing viene ancora oggi molto spesso associato alla pubblicità, debba essere “costruito” passo passo dall’interno, poiché pure le migliori linee guida, senza un esperto del settore che le metta in pratica con un minimo di “mestiere”, adattandole via via allo scenario del mercato, non sortirebbero effetto alcuno.
Chiaro che il costo di mantenimento di un dipendente rispetto a un collaboratore esterno è più gravoso, ma d’altronde, se basiamo tale analisi sul costo di uno stipendio senza considerare la possibilità di crescita dell’azienda stessa qualcosa non và già in fase di analisi.