Facebook si traveste e va in giro a far “dolcetto o scherzetto”
Trick or treat? Girare casa per casa la notte di Halloween per fare “dolcetto o scherzetto” è un’usanza che non è propriamente nostra, diciamocelo, ma che, in ogni caso, non disdegna di imperversare anche negli italici confini. La conosciamo tutti: bambini mascherati che di notte bussano alle porte chiedendo un dolce, un premio, oppure minacciando una maledizione, uno scherzo ai danni di chi si dimostrerà avaro di ricompense. Da questo Halloween però sentiremo circa un miliardo in più di volte pronunciare queste parole. E non solo la notte del 31, ma tutti i santi giorni. E a venire alla nostra porta di casa non sarà un bambino mascherato, ma un ragazzo di 28 anni, che risponde al nome di Mark Zuckerberg. Abbiamo recentemente parlato del cambio di Edge rank, ma ci sono voluto ritornare sopra per fare delle riflessioni diverse. Brevemente, secondo il nuovo algoritmo, i post pubblicati su FB o sono talmente tanto buoni come qualità che generano impressions, dunque rimangono a galla nello stream notizie, oppure sono destinati a scivolare subito nell’oblio, rendendo inutili i vostri sforzi.
Due sono le conseguenze a tutto questo:
- Le aziende duplicano, triplicano, quadruplicano la frequenza con cui postare sulle FB pages
- Si investe nei PROMOTED POST:
praticamente, mediante micropagamenti, si può far sì che un post rimanga in cima alla sezione notizie per un po’ di tempo, assicurandosi un numero maggiore di visualizzazioni indipendente da quante interazioni avrò su quel post. Certo, nell’elenco delle ragioni di questi cambiamenti, facebook ha dichiarato che mira ad una maggiore qualità dei contenuti, ad essere più utile per gli utenti, a cercare di fare selezione visto il numero elevato di notizie che esistono, probabilmente punta anche alla pace nel mondo… ma resta il fatto che è come se ti chiedesse “dolcetto o scherzetto”? “micropagamento o oblio“? Suona quasi come un ricatto bello e buono. E te, azienda, che investi tempo, risorse e denaro nel SMM qualche domandina te la cominci a fare. Figuriamoci poi se FB si limita a farti vedere che il tuo post è in cima a tutto… no, andando con il mouse sulla scrittina “sponsorizzato” che viene subito sotto il post ti fa vedere quanto misere sarebbero state visualizzazioni alle sciocchezze che scrivi e, invece, quanto sono impressionanti adesso che hai speso i tuoi bei 3-10-20 euro per promuoverle… Furbi eh?
“Zucche vuote” ma cos’avete in testa?
Provar per credere: stare sui social senza avere la minima idea di quello che si sta facendo. Come dimostrano molti casi celebri che ormai sono entrati nelle case History di tutti gli appassionati del tema, serve estrema oculatezza quando ci si confronta con il mondo dei social, oltre che pianificazione, trasparenza ed intelligenza. Ecco qualche tweet preso a scopo esemplificativo dalla mia personale twitter horror parade che ha causato grane al titolare del profilo, il quale, probabilmente, ancora non ha compreso bene la portata (anche distruttiva) dei social.
Morganella (il calciatore), deluso dopo una partita, dichiara di voler dar fuoco ai coreani e lo scrive in un tweet. Cacciato all’istante dalle Olimpiadi:
Santanchè non fa troppo caso alla correttezza grammaticale dei suoi tweet e gliene scappa uno che fa ACCA-pponare la pelle, visto il ruolo politico e la notorietà:
Lo stilista Kenneth Cole, invece, pensa bene di fare autopromozione sfruttando i tumulti al Cairo. Molta gente, però, non la prende poi così bene:
Ricordate il massacro di Aurora in Colorado, quello dove quel folle ha aperto il fuoco al cinema alla prima del film “il Cavaliere Oscuro – il ritorno”? L’American Rifleman chiede quali siano “i programmi per il week-end ai tiratori”, mentre Celeb Boutique cerca di sfruttare una corrispondenza di nomi:
E che dire dei furbacchioni che volevano darsi visibilità sfruttando il terremoto in Emilia?
A mio modo di vedere, però, e perdonatemi se risale al 2011, il tweet più agghiacciante di tutti, per ironia, stupidità e rumors che ha generato è questo: la mitica Moratti e il quartiere di Sucate!
Marketing esperenziale: zombievertising e scary marketing
Impressionare per essere ricordati: non si fa più la guerra a chi urla di più. Lo scontro si sposta su un terreno molto più interessante: quello su “chi offre di più”, chi più ti trasmette, sul piano narrativo ed emozionale. La tendenza a creare campagne di marketing esperienziale che rimangono nella mente di chi le riceve (o le va a cercare) è un drive sempre più utilizzato dai brand per colpire, generare buzz e risultare efficaci. E in questo contesto, cosa c’è di meglio dello “scary marketing”?
Se nella rete c’è già chi parla di zombiemarketing per sottolineare il sempre più frequente ricorso all’immagine degli zombie, un’azienda ha simulato una vera e propria rapina “al contrario”, con il solo scopo di far passare il messaggio che il prodotto venduto si trova in tutti i supermarket, non solo in particolari store:
LG, invece, ha spaventato i malcapitati facendogli credere di cadere nel vuoto da un ascensore un po’ difettoso, al motto di “così vero che spaventa” (riferendosi al display dei loro nuovi schermi):
Ma si può usare anche uno spavento per far riflettere su un tema importante come la sicurezza in strada e l’importanza di restar concentrati sulla guida senza, ad esempio, scrivere messaggi di testo con il cellulare:
In attesa delle stranezze comunicative e social a cui assisteremo anche per questo 31 ottobre,
buon halloween a tutti!