HomeBlogStrategie di MarketingLa qualità on line (si) paga?

La qualità on line (si) paga?

Condivido con i lettori un mio appunto di ieri sera che recita “relazione tra qualità e customizzazione“, potenziale titolo di un post che avrei voluto scrivere oggi. Il tutto prima di aver letto il post di Gianluca Diegoli “La classifica italiana dei 100 twitter di marketing e dintorni, basata su Klout (e una nota a margine)” ed aver analizzato i contributi di personalbranding.it, wired e corriere della sera sul tema di influenzatori ed influenza in rete. Il fatto che Klout mi consideri tra i primi 10 influenzatori mi fa sorridere, e soprattutto riflettere, ma anche gli altri contributi mi portano a tre considerazioni piuttosto sconsolate, che condivido:

  • tecnologie: discutevo qualche giorno fa con il collega Alessio sul tema dello sviluppo di base, quindi piccoli siti e progetti web “nati morti”, che un tempo avremmo chiamato siti vetrina. Molto spesso non si riesce, potrebbe essere un limite, a far passare la competenza e a far comprendere quali altre leve (usabilità, seo) intervengono in un progetto. La qualità che spesso coincide con customizzazione mediata da studi e ricerche preliminari viene bellamente ignorata e affogata dalle richieste su grafiche e funzionalità che inficiano in negativo un progetto. La tecnologia è un mezzo, ma spesso diviene un ostacolo. Anche le tecnologie di misurazione dell’influenza come klout e similari sono indicatori interessanti ma troppo limitati, non va ignorato in questo senso che la nostra lingua è più complessa di altre e l’affidarsi al mero rapporto ponderato per qualità tra link in entrata e link in uscita, o peggio follower e following, è offensivo per l’umana intelligenza
  • persone: se oggi pomeriggio mi dedicassi ad un following massivo con la speranza di ottenere un follow back a mio pro, aggiungendo anche qualche post “pepato” e magari semi politico o “tv reality oriented” potrei aumentare rapidamente la mia influenza, potrei inoltre partecipare agli eventi “giusti” e sviluppare un’attività di pr puro. La nota positiva è che questa figura di communication manager oggi “ci sta” in molte aziende, quella negativa è che è valida la regola che il più connesso è il più competente, questa mi sta un po’ meno bene visto che per come io interpreto il social marketing e la presenza sui social media non è tanto la quantità del volume che si muove a contare, quanto la qualità dello stesso
  • contenuti: profondamente legato a questo tema c’è quello dei contenuti, i lettori dei blog e dei siti non sembrano premiare approfondimenti socio/filosofici visto che una rapida scorsa al corriere di oggi non ci risparmia il video shock “pro-condivisione” di chi rischia la vita per una foto di rally e la storia di De Laurentis che regala al suo salvatore un motorino. Queste super notizie finiscono nella versione off line? La cosa realmente drammatica è che la ridondanza e i contenuti scritti non per l’utente stanno inquinando la rete, e non è facile riconoscere le fonti affidabili. E Facebook e Twitter ci portano a premiare “il titolo” più che il contenuto, almeno fino a quando la metrica sarà la visita secca.

La mia domanda è una sola: quali sono le regole del gioco? Io credo sinceramente che gestisce al meglio il proprio personal branding chi fa trasparire competenza in ciò che fa e probabilmente lo sviluppo di strategie o progetti di taglio “un po’ più alto” sui social media non passa per forza da una presenza ridondante e pedissequa su più social possibile. Ecco perché senza vergogna rifiuto al momento google+, non ho tempo di seguirlo, anche se forse mi garantirebbe due klout punti di più.. Anche se questo post può apparire una sonora rosicata mi piacerebbe non fosse cosi, è più una nota di merito per chi anche con minore presenza porta a casa budget e progetti di qualità per le aziende. Sono curioso di rivedere nel lungo termine, quando il “rumore” si abbasserà, queste classifiche. Potrebbe emergere qualche sorpresa..

 
 
AUTORE

Giorgio Soffiato

Markettaro per passione, dal 1983. Mente creativa e progettuale dell'azienda, fa chilometri e supera ostacoli in nome della rivoluzione arancione chiamata Marketing Arena. Cavallo Pazzo.
 
 

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