HomeBlogStrategie di MarketingL’ (in)sostenibile leggerezza del Pil

L’ (in)sostenibile leggerezza del Pil

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Come si fa a pesare un’economia? Bisognerebbe addizionare le tonnellate di grano e di acciaio, i barili di petrolio, i televisori e i pc, i telefoni e i telefonini, le tovaglie e le auto, i mezzi agricoli e le case, fare attenzione a non contare le cose più di una volta, nel prodotto intermedio e in quello finito…Bella domanda però quella che si pone un articolo del Ventiquattr, magazine del Sole 24 Ore, affermando che in America sono a questo proposito arrivati alla seguente conclusione: Il PIL reale degli anni 2000 pesa più o meno quanto il Pil del 1870, pur essendo cresciuto di circa 20 volte e pur essendoci miliardi di nuove “cose” rispetto ad allora, con una popolazione cresciuta di centinaia di milioni.

Come mai? Intuibile: l’economia è diventata più leggera ma vediamo di riassumerne i motivi:

– Buona parte di questa considerazione è dovuta alla tecnologia: la miniaturizzazione ha ridotto peso e dimensioni di tanti prodotti. Basta pensare a come, nell’arco di pochi anni, i telefonini-mattonella, siano stati sostituiti da piccoli congegni da taschino.
– Altrettanto incisivi sono i nuovi materiali: l’alluminio, per esempio, ha sostituito l’acciaio, la plastica il metallo, e tutto ciò senza perderci in robustezza, ma migliorando le prestazioni e riducendo il consumo di energia.
– Il settore primario, l’agricoltura, produce “cose”, non miniaturizzabili, ne sostituibili. Il settore secondario produce cose, una volta e adesso, che possono però diventare più leggere, ma la vera leggerezza trionfa nel settore terziario: i servizi non hanno peso fisico ma hanno acquistato peso statistico nell’attività economica giungendo oggi a coprire circa i ¾ del Pil dei paesi avanzati e, ricordiamo l’ economia della conoscenza, sono andati alleggerendo il Pil con un processo che non accenna ad arrestarsi. Non dobbiamo stancarci di ribadire che oggi la valenza di un’economia non si misura nelle tonnellate d’acciaio ma nel know-how, nel sapere, nella conoscenza, nella ricerca, nei metodi organizzativi attraverso una moneta ormai materializzazione in moneta elettronica.

Ultimo appunto su un’altra economia, quella della scienza: pare, in un cero senso, che anche lei si sia alleggerita. Negli ultimi decenni la scienza economica era stata dominata da modelli formali dell’agire economico e da modelli econometrici del funzionamento concreto del sistema. La crescente intrusione di matematica e statistica avevano appesantito quella che dopotutto è una scienza dell’uomo (ricordiamo che il fondatore dell’economia, Adam Smith, era professore di filosofia morale). Negli ultimi anni, e lo si vede anche dagli interessi di ricerca dei premi Nobel nell’ultimo quinquennio, l’economia si è aperta anche alle altre scienze dell’uomo: prime fra tutte la storia e la psicologia, ma anche la biologia evolutiva, l’etica, la sociologia, la politologia… L’economia ha preteso di spiegare i risultati degli incontri fra i lottatori di sumo, i rapporti fra aborti e delinquenza, e addirittura i motivi dell’accoppiamento matrimoniale, e da queste invasioni di campo sono usciti vantaggi anche per le altre scienze. Chi negherebbe per esempio che perfino nella scelta del patner entrano spesso motivi economici? per secoli l’umanità ha fatto prevalere altre considerazioni nella formazione della famiglia. La storia sociale s’interseca così con quella economica e la scienza economia se ne rende sempre più portavoce dimostrando curiosità e voglia di conciliare l’homo economicus con l’uomo in toto senza perderne in profondità.

 
 
AUTORE

Ilaria Paparella

 
 

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