Il Desiderio di partecipazione attiva alla vita delle Società da parte dei fan in un momento in cui vengono evocati profondi cambiamenti nel mondo del calcio moderno può delineare nuovi scenari verso l’adozione di un sistema di gestione rivoluzionario dei club sportivi.
Di cosa si tratta?
L’azionariato popolare nello sport si può definire la diffusione della proprietà azionaria presso il pubblico dei tifosi, che diventano anche investitori e “dirigenti”.
Questa pratica piuttosto diffusa sembra intercettare il bisogno dei fan di essere parte del club, di prendersi carico della propria squadra del cuore fino a diventarne co-responsabili della gestione. Un modello di governance che sembra spingere agli estremi il bisogno di partecipazione delle persone e dei consumatori del web 2.0 sempre maggiormente coinvolti nella co-creazione dei prodotti delle aziende che amano.
Ciò che differenzia le società di calcio dal mondo delle aziende classiche di beni e servizi è il dominio universalmente assoluto in termini di popolarità di questo sport e l’importanza che riveste nella vita delle persone e nel tessuto sociale dei paesi.
“By putting supporters and community at the heart of our club, we’re showing that fans can have a powerful say in the way football should be run.”
Mi sembra che questa frase sintetizzi alla perfezione il concetto di azionariato popolare: mettendo i fan e la comunità al centro della vita del club, dimostriamo che i supporter possono avere un ruolo fondamentale nel modo in cui il calcio è governato.
Come funziona?
“for £12 you could co-own our club” – per sole 12 sterline puoi diventare co-proprietario del club. (F.C. United of Manchester)
Nella maggior parte dei casi la scintilla dell’azionariato popolare scatta come reazione d’orgoglio dei tifosi, che tentano di riappropriarsi della squadra, per esempio dopo un fallimento, e in alcuni casi ci riescono. E’ il caso del F.C United of Manchester la cui storia costituisce un esempio fantastico di azionariato popolare di successo.
Nel 2005 una parte dei tifosi del Manchester United nel tentativo di opporsi all’acquisizione dei Red Devils da parte del magnate americano Malcolm Glazer fondarono l’F.C United. Nominato l’allenatore, il Club cominciò una serie di provini per scegliere i giocatori. Dei 900 presentatosi ne furono scelti 17. Più di 4000 persone misero i loro soldi nel club raccogliendo più di 100,000 sterline.
E’ la nascita di un Club-comunità di proprietà dei fan e gestito democraticamente dai suoi oltre 2,000 membri. L’appartenenza è aperta a tutti e ogni sostenitore conta come tutti gli altri, in base al principio una testa un voto.
L’F.C United comincia una cavalcata vincente che lo fa arrivare ai margini dei campionati professionisti (milita attualmente nella Northern Premier League corrispondente alla nostra Serie D, il più alto livello del calcio dilettantistico in Italia).
Perché funziona?
- Perché il club è obbligato dalla propria carta costituzionale nei confronti della comunità dei tifosi e del territorio;
- Perché cambia le regole del gioco rispetto ai modelli proprietari tradizionali (in alcuni casi fallimentari) mettendo i fan al centro del progetto;
- Perché realizza un club calcistico sostenibile, di successo e democratico che crea benefici reali ai propri membri e alla comunità locale anche attraverso lo sviluppo delle infrastrutture sportive;
- Perché impegna le persone maggiormente coinvolte e responsabilizza i tifosi che investono di tasca propria nel club.
Se è corretto dire che l’FC United è un esempio unico nel suo genere è anche vero che in Italia il crowdfunding ha assunto forme diverse ma non meno importanti.
E’ il caso di Squadramia.it, la prima Web Community che ha acquisito una vera squadra di calcio, il Santarcangelo Calcio. (Campionato Seconda Divisione)
Qui il rivoluzionario presidente, pur rivendicando l’assoluta autonomia delle scelte dell’allenatore, riconosce la concreta partecipazione dei tifosi alla vita del Club, attraverso una community online, in cui ogni membro settimanalmente può suggerire al mister la propria idea di formazione, le dritte sulle gare future, nonché i consigli per l’acquisto durante il calcio mercato o i giovani talenti che possono essere invitati per un provino. Insomma, una sorta di fantacalcio molto reale!
Al di là dei giudizi soggettivi, della curiosità e simpatia che il progetto hanno indubbiamente riscosso, i numeri sembrano giustificarne la realizzazione anche dal punto di vista di mass e business marketing.
- Aumento delle presenze allo stadio in casa e in trasferta – grazie alla facilità di evangelizzazione dell’iniziativa su internet;
- Crescita di visibilità del Club
- Aumento della fan base
- Fundraising perché ciascun socio sostenitore versa una cifra di 60 €
- Aumento di brand awareness per i giocatori e i tecnici che hanno l’opportunità di fare personal branding contando squadramia su una base soci non sono solo italiani ma anche di Usa, Australia e Inghilterra.
Cosa ci insegna?
È difficile stabilire se questi fenomeni preannuncino il cambiamento dei modelli di governance delle società sportive. Il panorama è complesso e il calcio sembra ancora indissolubilmente legato alla figura e al portafoglio del presidente padre e padrone.
E’ evidente la necessità di una migliore gestione dei Club calcistici e di un nuovo livello di conversazione con la propria comunità di tifosi.
Il Crowdfunding e l’azionariato popolare possono rappresentare certamente il primo passo verso un maggior coinvolgimento della comunità alla vita della società sportiva e la creazione di una relazione sana con i tifosi. Un rapporto a due vie, per una reale e totale partecipazione del tifoso alla vita del Club attraverso il suo coinvolgimento in una serie molto varia di attività, da quelle più manageriali come la gestione finanziaria a quelle più prettamente di prodotto e marketing come le iniziative volte a migliorare la cosiddetta match-day experience.
Tutto questo potrebbe sembrare mera utopia se non succedesse già in alcuni paesi più sviluppati del nostro dal punto di vista culturale-sportivo.
Il Futbol Club Barcelona, con i suoi 163.000 soci circa, costituisce il più grande esempio di azionariato popolare nel mondo (wikipedia)
Appare a mio avviso evidente la necessità di un cambio di mentalità da parte di dirigenti, calciatori e tifosi una riflessione attenta e un piano di azione deciso verso un calcio moderno e vivibile. Anche i recenti fatti di Genova hanno portato alla ribalta ancora una volta il problema italiano della ingerenza delle frange violente del tifo nella vita del Club.
Mi pare vitale l’esigenza per le società di sfruttare la grande diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione – l’ampio spettro di strumenti dei media sociali – perché i Club devono essere consapevoli che il tifoso 2.0 non è più insensibile al brand e vuole che la squadra del cuore sia una presenza costante nella sua vita, attraverso tutti i punti di contatto e i momenti della giornata. D’altro canto i fan non sono più solo i tifosi cittadini perché internet ha reso il mondo piatto e velocemente percorribile.
Società di calcio 2.0?
La capacità dei Club e delle istituzioni sportive di rispondere adeguatamente alle esigenze del nuovo tifoso vorrà dire per il calcio nel suo complesso ottenere benefici tangibili come l’aumento di abbonamenti, biglietti, spesa media allo stadio – per quest’ultimo aspetto sto considerando i paesi che dispongono di infrastrutture confortevoli e dotate di servizi – e intangibili, come il miglioramento della sua immagine e reputazione.
L’arrivo del fair play finanziario costringe poi inevitabilmente le società a pensare a nuove strategie e un modello alternativo di gestione perché sta per finire – ed è certamente un bene – l’epoca dei presidenti mecenati che mettono mano al portafoglio per appianare le perdite in vista dell’ ennesima faraonica campagna acquisti.
La partecipazione dei tifosi al finanziamento del Club allora può costituire un modello proprietario molto interessante, complementare se non alternativo che può aprire nuovi affascinanti scenari.
Come sempre commenti, opinioni e nuovi spunti sono benvenuti.
Fonte Immagine: La Presse