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Gamification: MarketingArena intervista Fabio Viola

Gamification, un tema che noi di MarketingArena abbiamo già affrontato, Fabio Viola ci ha scritto un libro, chi meglio di lui poteva raccontarci questo fenomeno? Lo ringraziamo per l’intervista concessa.

Quali vantaggi traggono le aziende nell’utilizzare gaming, o parti di esso, nelle proprie attività marketing e non?

Per rispondere alla domanda è necessario dare una idea della pervasività dei videogiochi oggi. Nel 2010 in Italia il 43,5% delle famiglie possedeva almeno una console da gioco con un fatturato nel solo canale retail di oltre 1.1 miliardi di euro (fonte AESVI). Nel mondo sono oltre 500 milioni le persone che attualmente video giocano, un rapporto simbiotico specialmente nella fascia d’età under 18 dove il 90% dei ragazzi americani si diletta con questa forma di intrattenimento arrivando a spendere una media di 5 ore a settimana. Ma già da anni non è più solo la G Generation (generazione nata dopo il 1990) a essere il target di riferimento, l’avvento dei giochi su Facebook e Smartphone ha contribuito ad un allargamento del bacino. Il magazine scientifico americano Cyberpsychology, Behaviour and Social Networking riporta che nel 2009 circa il 61% dei CEO, CFO ed altri senior executives intervistati si concede una breve pausa gaming giornaliera per staccare dal lavoro. Molti non sanno che l’utente principale di giochi su Facebook (un mercato da oltre 200 milioni di giocatori mensili) è una donna, spesso mamma, sui 43 anni o ancora che tra i servizi più utilizzati su BlackBerry, smartphones per loro natura business oriented, i giochi occupano il secondo posto.
Il lungo preambolo aiuta a capire perché sempre più aziende ed istituzioni stanno abbracciando concetti come “advergames”, “serious games” ed il più recente “Gamification” – utilizzo di meccaniche e dinamiche gaming all’interno di contesti non video ludici – per perseguire i propri obiettivi.

I vantaggi elencati in ordine sparso sono:

  • target: Centinaia di milioni di individui già avvezzi alle meccaniche e dinamiche dei videogiochi, buona parte dei quali è gaming addicted.
  • motivazione: Un bravo game designer è in grado di far leva sugli istinti umani: cooperazione, sfida, competizione, orgoglio, auto espressione, gioia, socializzazione. Sentimenti e abitudini che possono essere rafforzati/modificati in linea con gli obiettivi del progetto.
  • metriche: In tempo reale ogni comportamento dell’utente può essere monitorato e tracciato ottenendo dati quantitativi e qualitativi. Il vantaggio di una siffatta analisi, all’interno di un advergame o gamification è la possibilità di creare azioni “data driven”. Se ci accorgiamo che solo il 5% degli utenti effettua il Level Up dal primo al secondo livello potremo intervenire in tempo reale per abbassare la curva di difficoltà o al contrario se troppi utenti passano al livello successivo lo si renderà più complesso onde evitare una veloce saturazione dell’esperienza.
  • engagement: Sia che si implementi il gaming per una campagna marketing sia per rinforzare il proprio core business (sia fisico che digitale), le game mechanics offrono una esperienza unica di interazione tra brand owner ed utente. In questi casi sarebbe meglio parlare di utente/giocatore, una fruizione attiva che consente di sentirsi parte integrante del meccanismo pur all’interno degli obiettivi individuati dal proprietario della piattaforma.


Quali sono gli ingredienti per un gioco virale?

A partire dal 2007 Facebook ha aperto la propria piattaforma a sviluppatori esterni per realizzare ogni tipo di applicazione sfruttando le proprie API proprietarie. I giochi, ad oggi, rappresentano la categoria numero uno per quantità di titoli e fatturato generato mediante un business model basato su “virtual goods e currency”. Proprio la viralità ha spinto numerose aziende ad abbracciare questa piattaforma (direttamente o indirettamente via Facebook Connect); una statistica largamente condivisa indica mediamente in x7 il coefficiente di viralità di un social game rispetto ad uno online. La miglior case history è rappresentata da Farmville, top social game di Zynga forte di 60 milioni di utenti mensili e ben 20 milioni giornalieri costanti da oltre due anni. Gli sviluppatori hanno fatto ampio uso di:

  • virtual gift: Entrando nel gioco lo schermo mostra subito una lunga lista di regali da inviare ad amici non ancora attivi. Regalare è uno dei gesti connaturati nella natura umana perché fa leva sull’istinto della reciprocità. Chi regala si sente di aver compiuto un gesto positivo e chi riceve è si sente in “dovere” di ricambiare. Come nella vita reale, durante le festività si ricevono regali da persone con cui non si è mai in contatto, ma l’onore e il buon senso ci spingono a ricambiarlo anche se controvoglia. Uno strumento di marketing virale eccezione, il giocatore è spinto ad invitare più amici possibili e ad effettuare il maggior numero possibile di regali giornalieri per velocizzare la crescita della propria fattoria.
  • cooperation: Sviluppatori come Zynga hanno capito l’importanza di render possibile una interazione positiva fra i giocatori. In Farmville si rivela fondamentale avere il maggior numero possibile di vicini di fattoria al fine di progredire nell’esperienza di gioco e trarre giovamento dal loro intervento durante la nostra assenza. Un buon vicino potrà venire a fertilizzarci il campo o aiutarci nel raccolto. Un circolo vizioso che ci spinge a mandare inviti a più gente possibile!
  • real time feedback: Molti giochi Facebook utilizzano una tecnica di “tutorial” perenne che accompagna ogni azione del giocatore. Una serie di frecce ed icone illuminate indicano passo dopo passo l’azione da compere a cui seguirà un premio sia tangibile (virtual goods o level up) o psicologico, quasi sempre un pop up testuale in cui il sistema si complimenta con l’utente invitandolo a condividere il traguardo raggiunto con tutti i propri amici. Questo è il “Wall Post”, quei messaggi che riempiono molte bacheche spesso eccedendo e causando l’avversione al prodotto (ma è proprio compito del game designer bilanciare). Giochi ben strutturati riescono a produrre una mole enorme di questi flussi in bacheca (nota bene: vi è un rapporto tra utenti e stream da non superarsi altrimenti si rischia la chiusura immediata dell’app..) che sono immediatamente visibili a tutta la propria lista di amici, un aiuto incredibile alla viralità. A loro volta questi Wall Post possono essere statici oppure offrire un incentivo a coloro che vi cliccheranno. Ad esempio in Farmville uno dei messaggi classici era relativo alla scomparsa di un animale dalla fattoria e cliccando un nostro amico avrebbe potuto adottarlo a mo’ di reward per aver cliccato.

Alle aziende conviene creare un gioco brandizzato o sfruttare le potenzialità di quelli già esistenti?

Difficile dare una risposta univoca a questa domanda. Il punto di partenza è individuare gli obiettivi che si vogliono ottenere ed agire di conseguenza. Vi sono casi in cui ha senso creare un prodotto ad hoc per rispondere ad esigenze specifiche. Per esempio Virtual Zippo Lighter è una applicazione brandizzata scaricabile gratuitamente da App Store che consente di produrre effetti di fiamma e luce utilizzando svariati modelli di accendini. Il noto produttore ha creato, insieme all’agenzia Moderati, un prodotto originale scaricato oltre 3 milioni di volte in sei mesi. Data la particolare attività merceologica sarebbe stato impossibile appoggiarsi a prodotti pre-esistenti per un efficace in-game advertising.
In altri casi si rivela strategico individuare dei giochi con target similare per massimizzare i risultati Nel Maggio 2010 sulle confezioni di Green Giant, leader di mercato per verdura e frutta confezionata in USA, sono comparse etichette Farmville. Acquistando insalate e mele, con un range di prezzo da 0.89 a 4.99 dollari, si otteneva un codice, riscattabile nel gioco , col quale garantirsi cinque Farmville Cash (moneta virtuale). Ogni account poteva riscattare un massimo di tre codici per un totale di quindici Farmville Cash. La commistione tra reale e virtuale è continuata la scorso Luglio quando nel negozio del gioco sono comparsi semini organici di mirtillo brandizzati Cascadian Farm. In poco tempo oltre 310 milioni di semini sponsorizzati sono stati piantati, in gran parte merito del target comunicante composto da donne che come sappiamo sono le principali artefici della spesa domestica e le più accanite sostenitrici dei social games.

Ci può segnalare 3 nomi di progetti da seguire?

Utilizzo tre degli ultimi esempi spiegati nel mio blog, diversi tra loro per dinamiche utilizzate e obiettivi finali. Nel primo caso un gioco b2c a scopo di alfabetizzazione, nel secondo una piattaforma gamificata b2b per migliorare l’efficienza lavorativa di un ente pubblico ed infine il gaming portato all’interno del mondo food & beverage tradizionale.

  • Il problema di come “istruire” gli utenti all’utilizzo di software complessi è da sempre nei pensieri delle ditte produttrici. Le varie soluzioni introdotte, dalla classica FAQS a forme più dinamiche ed interattive, hanno quasi sempre fallito il compito offrendo una guida mono-direzionale scarsamente utilizzata e sinceramente poco appealing. Adesso disponibile nella versione 2.0, Ribbon Hero è un “gioco” che si installa automaticamente su Office (30 MB ed unicamente in lingua inglese) dando vita ad una forma del tutto nuova di e-learning. La trama ha come protagonista la rediviva graffetta Clippy (la ricorderete come tutor animato…) sbalzata nel corso della storia da una macchina del tempo impazzita. Ogni epoca si compone di obiettivi e missioni da completare per passare al livello successivo. I task assegnati si basano sullo svolgimento di compiti su Excel, Power Point, One Note e Word come ad esempio cambiare font di un paragrafo o inserire particolari effetti in una slide. Ad ogni azione corretta corrisponde un determinato punteggio che sarà confrontabile con quello di amici, colleghi o compagni di corso in un meccanismo leaderboard based.
  • Sempre più enti pubblici ed istituzioni stanno abbracciando i paradigmi della Gamification per creare servizi appealing per il pubblico o migliorare l’organizzazione interna del lavoro. Un ottimo esempio arriva dall’Inghilterra e precisamente dal “Department of Work and Pensions”. Idea Street è una piattaforma online nata con lo scopo principale di favorire la circolazione di nuove idee tra gli impiegati dell’agenzia creando le premesse per una continua collaborazione di idee eventualmente implementabili anche nel day by day. Dopo 18 mesi di vita, Idea Street ha visto l’adesione di 4000 lavoratori, la genesi di 1400 idee e di queste 63 hanno trovato attuazione pratica nel Dipartimento. Per quanto ci riguarda è interessante l’introduzione di meccaniche gaming per rendere più engagement e divertente il processo di creazione e condivisione: moneta virtuale, punti, classifica, community diventano strumenti di facile uso e comprensione anche per un pubblico probabilmente estraneo ai videogiochi.
  • La catena americana 4Food ha aperto i battenti la scorsa Estate introducendo dinamiche ludiche all’interno di un business fisico e tradizionale come quello dei Fast Food. Dal sito internet è possibile non solo ordinare ma anche creare il proprio panino personalizzandolo secondo molti parametri (ingrediente principale, secondario, tipologia di pane, forma) e dandogli addirittura un nome. Questa operazione, stilizzata alla stregua della customizzazione di un personaggio da gioco di ruolo, ha dei risvolti pratici. Recandosi nel punto vendita fisico per ritirare il panino disegnato si potrà vedere il proprio nome in una tabella luminosa ben visibile dove appare la classifica dei panini più acquistati nella settimana. I creatori otterranno delle royalty (un tot. di centesimi) per ogni modello del proprio panino venduto trasformando il semplice atto di ordinare e acquistare un panino in un immenso gioco dove reward psicologici (essere ai primi posti in classifica) e materiali (royalty) concorrono alla fidelizzazione dell’utente e alla viralità dell’iniziativa, in quanto ognuno è spinto a condividere via social network le proprie creazioni.

Fabio Viola è il fondatore di due società operanti nel mondo entertainment, Mobile Idea s.r.l. e DigitalFun s.r.l., quest’ultima incubata da Ericsson dopo aver vinto il premio EGO come migliore start up tecnologica dell’anno nel 2008. Le sue società lavorano a stretto contatto con firme leader nel segmento videogame/new media: Electronic Arts, Vivendi Games Mobile, Namco, Digital Chocolate, Neomobile, RCS Digital, Digital Bros, Burda I:C, Flycell, Engineering e numerose altre. Fabio è autore del libro “Gamification – I Videogiochi nella Vita Quotidiana” sul futuro dell’industria dei videogiochi.

 
 
AUTORE

Ilaria Guarnieri

Se Marketing Arena ha uno slidificio, Ilaria è fornaio di Keynote. Sforna icone e grafici come non ci fosse un domani, ma soprattutto offre alla prima linea caldi dati per costruire strategie. Alzatore.
 
 

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