Abbiamo avuto il piacere di fare quattro chiacchiere con Rosa Giuffré, comunication manager e social event planner, ambasciatrice della cultura social e del pensare positivo, ma conosciamola meglio anche tramite le sue parole.
Chi è Rosa Giuffrè, cosa fa nella vita e com’è approdata a questo mestiere?
Sono una comasca dalle origini semplici e genuine da sempre animata da grande creatività, e una propensione innata alla comunicazione con le persone. Dopo l’istituto d’arte e la scuola di grafica del Castello Sforzesco a Milano ho iniziato a collaborare come freelance con diverse agenzie. Sono stata poi titolare di uno studio di grafica pubblicitaria e nel frattempo mi sono iscritta all’università. Nel 2005 ho dovuto chiudere la mia attività a causa di un allagamento, una grande bastonata, ma non mi sono di certo scoraggiata. Da qui è iniziato il mio percorso da dipendente. Dopo la laurea in comunicazione aziendale e marketing, ho insegnato grafica e ho ricoperto il ruolo di Art Director e Responsabile Comunicazione per diverse aziende. Sono spinta da una costante curiosità e ho percepito che nel mio percorso formativo mi mancava una conoscenza approfondita del mondo social.
Così nel 2012 per il mio compleanno, mi sono regalata Futuro Semplice il blog in cui parlo di comunicazione, organizzazione di eventi e “positive life”. Futurosemplice si è rivelato da subito prezioso strumento tramite il quale esprimere le mie idee e nel frattempo studiare sul campo le dinamiche di interazione sui social. Ho cominciato a conversare con le persone che pubblicavano argomenti di mio interesse tralasciando persone e influencer che non mi piacevano per stile comunicativo. Con cortesia e garbo questi contatti sono diventati fedeli lettori e si sono sviluppate delle vere amicizie. La partecipazione agli eventi in real è stata fondamentale e da qui all’essere coinvolta in progetti interessanti il passo è stato breve. La mia passione ha avuto così il sopravvento e sono tornata ad essere consulente. Oggi Mi definisco una Communication Manager, Social Event Planner, Ambasciatrice della cultura-social, del cambiamento e del #comunicarepositivo come approccio alla vita e al business. La creatività, l’organizzazione di eventi social e la formazione sono il mio mondo. Col supporto della comunicazione integrata e strategica, creo format personalizzati per aziende, associazioni e agenzie aiutandole a vivere con successo il loro futuro. Semplicemente.
Si descrive “ambasciatrice del comunicare positivo”, ci potrebbe snocciolare questa sua filosofia?
Più che una filosofia è proprio una scelta di vita a 360°. Credo sia il momento di renderci conto che quella che definisco la ‘cultura del terrore’ non ci stia portando da nessuna parte. Ancora oggi sembra che ciò che fa più notizia siano scoop e news legate a violenza e a morte da una parte e alla bella vita superficiale dall’altra. Anche nel web, spesso, sembra che il gioco sia lo scovare l’epic fail del tuo collega e assistiamo quotidianamente ad attacchi violenti attraverso una comunicazione veramente aggressiva. La vita reale è altra. Nel mondo esistono persone positive, gente che ama la propria vita che quotidianamente costruisce anche col proprio lavoro il futuro, e succede anche qui in Italia!
Perché non diamo luce e spazio a questo? Credo che chi lavora nel web debba rendersi conto della responsabilità che ha. Non contano i numeri di followers che hai, comunque comunichi e quello che scrivi, come ti poni ha un’audience. Il #comunicarepositivo non intende essere un intento utopistico proprio di chi non vuole vedere ciò che di male succede nel mondo, anzi, vuole essere reale. Al World business forum ho avuto la possibilità di ascoltare Alex Rovira, grande esperto internazionale dello sviluppo personale, e ne sono rimasta ammaliata. Per lui (e per me) la crisi attuale è stata provocata da una povertà di spirito, di valori che abbiamo accantonato per perseguire obiettivi superficiali come il profitto a ogni costo. Ma la persona vera dove sta? Dove la stiamo mettendo? È arrivato il tempo di archiviare finti sorrisi e vite artificiose fatte di lustrini. La vita è fatta di difficoltà, di inconvenienti, di fatica, ma che vengono superate grazie alla forza delle persone. Torniamo ad apprezzare ciò che abbiamo, quello che siamo senza aspirare ad essere ciò che non saremo mai (solo perché copertine patinate ci fanno credere sia l’essenziale).
Dalla crisi nasce il #comunicarepositivo perché crisi, diventa sinonimo di cambiamento di opportunità da cogliere per chi torna alle origine e intuisce che sia nella vita personale che professionale la differenza la fanno le persone, i loro valori.
Futurosemplice.net: cos’è?
É il mio blog, la mia ‘casa’ in cui parlo di web marketing, social network, comunicazione strategica per PMI, ma nel quale non tralascio mai l’aspetto sociale e umano della vita. Trovate infatti una categoria con i miei pensieri personali legati a esperienze di vita e la categoria #vitadafuturosemplice in cui intervisto persone, volontari conosciuti attraverso i social (ma che non è detto siano per forza professionisti), ai quali cerco di dare un po’ di luce. Questo per me è un esempio concreto di #comunicarepositivo.
Socialgnock, vorremmo conoscere inizio, evoluzione e previsioni per il futuro.
#socialgnock nasce da un mio hashtag, casualmente inviato in un tweet. Da li io, Valentina D’Amico e Lorena Di Stasi, abbiamo deciso di aprire una community. Sapevamo l’hashtag era forte e volutamente poteva dare un’idea completamente differente , ma abbiamo subito visto che in rete è stato accolto col giusto tono: ironico e divertente. Non ti nego che all’inizio siamo un po’ state a guardare, ma abbiamo subito percepito si potessero fare grandi cose. L’idea è semplice: siamo stanche di community in cui devi essere qualcosa o qualcuno prima di farne parte. Chi lo dice che tu non sei ‘gnock’ ovvero non ingrado di essere qualcuno? Chi lo decide?
Basta quindi a categorie, a eventi super cool. Volevamo una vera piazza dove ognuna poteva essere ciò che è (da qui il payoff ‘dal tacco all’infradito senza photoshop’) conversando di ogni argomento dal più ironico al più serio. Il tutto è regolato dalla #nolink policy, è infatti vietato pubblicare link (un paradosso per il web!). Questa decisione ha però favorito lo scambio puro e la conversazione perché ha abolito l’autopromozione. Nel tempo siamo cresciute e abbiamo iniziato a proporre eventi in partnership con sponsor che ci hanno permesso di proporre benefit reali e concreti (Sconti, prove gratuite ecc.): dalla visita al museo, alla degustazione di vino, dagli official party alle lezioni di poledance ai percorsi formativi. (gli eventi sono ovviamente aperti a chiunque girls e boys: siamo femminili non femministe!).
Oltre al gruppo facebook abbiamo le altre ‘piazze’ in cui conversare. Google plus, Instagram, twitter e Pinterest.
Ciò che piace è che più siamo, più ci diamo valore e come ricordiamo spesso siamo una community se facciamo community. Da gennaio ad esempio diamo in ‘affitto’ la fanpage di facebook e la pagina di G+ a chiunque voglia parlare del proprio tema, passione o settore. Questa iniziativa sta avendo grande successo perchè alcune non avrebbero mai potuto conversare con un pubblico così ampio (ad oggi i temi sono stati: fashion, musica, street art, food). La cosa più bella è che a breve avremo la prima gestione da parte di un ometto (e la cosa ci piace un sacco!)
La potenzialità strategica di una community come #socialgnock è veramente grande e alcuni brand lo hanno già intuito. L’orientamento al digital e ai social è forte e così anche l’influenza che ne deriva. A breve potremo dare alcune news, ma saranno veramente delle gran belle iniziative.
Il 20 marzo abbiamo presentato la community al #schf14 questo ci ha permesso di presentare anche alcuni dati concreti. Il 30 maggio compiremo un anno e abbiamo in mente un’idea ambiziosa, portare tutte ‘le #socialgnock e le loro passioni in piazza’. Come? Seguiteci e lo vedrete, ci trovate sui principali social.
Qual è il social che predilige? – l’ ha colpita qualche caso particolare legato all’uso di un eventuale social “preferiito” ?
Pinterest è la mia passione. Mi piace archiviare, organizzare, riordinare. La chiave di lettura di questo social è che ha funzioni veramente basic ed è l’utente e la sua creatività che fa la differenza. Se non sei creativo, se non sai integrare correttamente azioni comunicative on e offline, questo social è inutile ed è per questo che in Italia, a mio avviso, non c’è stato ancora un vero e proprio boom. Molti brand di respiro internazionale lo stanno utilizzando per contest, promozioni, ricerche di mercato. Molto utili ad esempio le nuove funzioni ampliate grazie ai rich pins, ovvero pin (le immagini che pubblichi in Pinterest) che portano con sé oltre che il link di provenienza anche un blocco di testo o una descrizione associato. Quando parlo della differenza che fa un utente intendo esempi come la sperimentazione che ho appena fatto su un particolare tipo di pins: i place pins. Pinterest ti permette di geolocalizzare su una mappa il tuo pin suggerendo di farlo per luoghi che ami o che vorresti visitare. Perché non geolocalizzare persone? Da questa intuizione è nata la board ‘italian TOP social media maner’ in cui ho raccolto i professionisti che ritengo essere i miei personali riferimenti quotidiani in rete (e ne mancano ancora!). Una sperimentazione che ha avuto molto successo e che ha dato spunto per altre board simili.
Come vede il rapporto tra PMI e social media in Italia?
Work in progress. Il problema a mio avviso è riconducibile a un passaggio di educazione alla ‘cultura social’, necessario, ma che ad oggi non c’è stato. I consulenti, le agenzie si ritrovano ad avere come interlocutori persone e aziende impreparate, legate al vecchio concetto di comunicazione e marketing. Le aziende percepiscono che ‘comunicare social’ può essere un’opportunità, ma lo affrontano nel modo sbagliato, ovvero con la mentalità 1.0! Il risultato? Che per loro essere social significa aprire una fan page su facebook oppure significa investire tempo e risorse per progetti che non daranno mai risultati che immaginano se non si capisce che il vero cambiamento deve avvenire all’interno delle PMI, nei rapporti che si instaurano nei team, nel loro modo di approcciare il mercato e i clienti. È un’azione che coinvolge il management che deve essere illuminato e consulenti, se si vuole ottenere un risultato di successo. Io credo che oggi questa non sia più una scelta, ma una questione di sopravvivenza. Le aziende che lo intuiscono vanno avanti, per le altre rimane il lamentarsi che è tutta colpa della crisi. Da una crisi si può rinascere se si affronta la situazione in modo concreto, con tutta l’azienda compatta e se vissuta come opportunità per migliorarsi e cambiare. Il cambiamento è necessario e fastidioso, ma va affrontato con coraggio rivedendo a volte anche il proprio modello di business.
In che modo i social, in un momento di crisi come quello attuale, possono aiutare le PMI?
Premesso ciò che ho risposto alla domanda precedente, credo che le PMI debbano rendersi conto che il modo di comunicare il proprio prodotto/servizio è cambiato. Oggi, se sei contattato da un potenziale cliente è perché questa persona ha già analizzato, verificato, comparato e scelto (anche) te. Non si tratta più di mettersi sul web con una vetrina sperando che qualcuno si accorga di noi. A parità di qualità di prodotto, vince chi trasferisce al potenziale cliente più valore e il valore si misura grazie alle persone. È finito il tempo delle mission aziendali anni ’90. Le persone vogliono concretezza, vogliono vedere la faccia, la vita le azioni della persona dalla quale sto acquistando. Un grande errore è ad esempio il considerare come social solo facebook! Creare connessione, coinvolgere favorire la conversazione col proprio utente è un’azione che può essere fatta in differenti modi, anche strutturando un proprio social creato ad hoc o considerando la possibilità di internazionalizzare la propria azienda. I mercati russi, o quello degli emirati arabi vanno matti per il made in Italy e la qualità che le PMI imprese italiane potrebbero proporre è alta. Perché allora arroccarsi a vecchi standard? Perché intestardirsi su frasi tipo ‘è 30 anni che si è sempre fatto così’? Preservare e promuovere la propria tradizione, le proprie radici e la propria storia è fondamentale, ma l’innovazione è il futuro. Torno quindi al concetto iniziale: è veramente di vitale importanza che le aziende, le istituzioni si mettano seriamente a formare realtà moderne proiettate a una cultura social. Dobbiamo competere col mondo oggi, non solo con competitors italiani. Il rischio è alto, quello di subire una crisi, vedere la ricchezza delle PMI che costituisce l’eccellenza italiana chiudere o, peggio, andare all’astero. È ora di svegliarsi, non credete?
Come convincere le aziende a usare i social?
Credo che le aziende debbano essere accompagnate da esperti e consulenti che definirei ‘onesti’. Mi spiego meglio.
L’urgenza di mettersi sui social, come detto, può provocare errori di valutazione, ma dobbiamo considerare che un’azienda si fida di colui che chiama. Essere onesti, significa anche dire di no a una realtà che si percepisce non essere pronta. Significa non aprire fan page come se fosse la soluzione al problema crisi, perché se tutte queste azioni sono fatte senza un’analisi strategica rischiano di diventare un boomerang: l’azienda ne esce scontenta, avrà investito soldi e avrà fomentato l’idea che ‘i social sono inutili’. Questo consulente probabilmente avrà incassato la sua ricompensa, ma non si sta rendendo conto del danno che ha provocato al mercato. Cerchiamo allora di essere noi, professionisti della comunicazione, questo anello di congiunzione. Proponiamo incontri di formazione anche nelle aziende prima di iniziare a gestire progetti. Questo passaggio sarà utile al nostro lavoro perché sarà compreso e condiviso. Sarà anche utile all’azienda che si sentirà accompagnata comprendendo step by step il mondo nel quale ha iniziato ad operare.
Mi permetto di segnalare che a breve uscirà una mia pubblicazione a riguardo, il tema sarà proprio questo: lo sviluppo della cultura social nelle PMI. Seguitemi!
Ho sempre ritenuto che ci siano categorie di aziende che meglio si prestano all’uso dei social, concorda con me o crede che questi strumenti possano essere usati da tutte le categorie? In quest’ultimo caso, le viene in mente qualche case history?
Io credo che non esista una PMI non adatta all’uso dei social, ma che non tutti i social siano utili alle PMI. Il comunicare social è un’attitudine che ogni azienda deve avere e comprende tutte le fasi interne aziendali. Dopo un’attenta analisi che mette in evidenza i propri punti deboli e punti di forza, anche una PMI potrà decidere quale azione social intraprendere. Un’azienda, ad esempio, può comunicare social attivando il servizio di social care su twitter e senza aprire altri profili. Ciò che è fondamentale è capire come, dove, con cosa e perché. Sicuramente una riflessione andrà fatta a priori sulla tipologia di business. Aziende B2C possono proporre azioni di comunicazione e marketing integrato più virali perché rivolte a un pubblico più ampio. Ciò non toglie che anche nel B2B è possibile creare ottime attività. Ho clienti che fanno formazione aziendale (quindi B2B) e coi quali abbiamo attivato un progetto che integra linkedin e email marketing. Un altro esempio è quello di una start-up che ha proposto un’app che sviluppa temi riguardanti la green economy. Con loro il progetto comprende azioni che integrano eventi in real, comunicazione attraverso il loro blog con temi in focus e, infine, una grande azione di coinvolgimento visual attraverso Instagram perché dall’analisi si è rivelato essere il social più seguito e adatto alla loro attività.
Infine ti cito un case italiano che sta facendo veramente tendenza in un mercato in cui essere social sembrava assurdo. Può una banca essere social? La risposta è sì, basta andare a studiare il caso di Banca Ifis.