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Confessioni di un seeder

Dopo “business blogging”, “social networking”, “brand awareness”, “conversioni” e mille altre, la parola degli ultimi mesi sembra essere engagement. Il nuovo Graal è l’attivazione di una conversazione “di livello superiore”, di un rapporto intimo, esclusivo con l’utente / consumatore / potenziale cliente. Abbiamo deciso di vederci chiaro per capire, e far capire, che più questo mondo diventa labile e sconfina in altri mondi (dalla psicologia alla statistica) più le aziende sono chiamate a fare attenzione a quello che fanno e i web marketers devono rendere conto allo specchio delle attività che implementano e soprattutto dei risultati che promettono. La cosa migliore da fare era prendere uno dei migliori nel settore, un professionista che si occupa di engagement per grandissimi clienti e capire cosa accade davvero in questo mondo e come stanno le cose. Anonimato garantito.

Prima di tutto cos’è l’engagement, come lo definiresti?

Engagement è sentirsi coinvolti, è comunicazione (e quindi, per definizione, bidirezionale), è sintonia, è avere qualcosa in comune, è condividere, è followare, è “essere fan”, anche se ora si dice “mi piace”.

Quali sono le leve principali che lo compongono? operativamente cioè cosa fai ogni giorno?

Al giorno d’oggi si aprono pagine su Facebook e account Twitter. Di blog non se ne sente più parlare. La maggior parte dei clienti delle agenzie vogliono “essere presenti” perchè così è stato loro detto dai commerciali, o così hanno letto in giro. Già era difficile trovare buoni contenuti di qualità nei blog corporate, adesso aprire e mantenere vivo un blog è fuori moda e decisamente time-consuming: è più semplice mandare un tweet o aggiornare lo status. 140 caratteri o poco più e il lavoro è fatto. O almeno così sembra dal di fuori. Perchè queste aziende, che di social non sanno nulla, vogliono fare il social a modo loro. Prima non sapevano fare i siti, poi i blog, adesso il social. Usano le fan page come fossero brochure cartacee. Non solo si fanno vendere il social, ma una volta comprato non ascoltano nemmeno i loro consulenti (che magari hanno venduto la pagina fan a dei produttori di infissi: ve lo immaginate che figata essere fan di una finestra???). nel social non dialogano, non prendono spunto dalle critiche degli utenti, perchè le critiche non ci devono essere. I fan devono essere migliaia (comprati con l’adv) e devono tutti cliccare su like, commentare, fare domande intelligenti e complimenti. oppure retwittare. Guai a chi si oppone: costui va sommerso da altri commenti positivi (fake) postati da tanti altri utenti pronti a fare ciò che esige il bambino viziato (grazie ai loro profili fake).

Secondo te le aziende possono ottenere vantaggi diretti da queste pratiche?

Assolutamente no. Perdono solo dei soldi! Ovviamente non è sempre così: se le aziende sono pronte a mettersi in gioco allora sì. Ma se le aziende moderavano prima i commenti nei blog, adesso con Facebook (con Twitter non molto, è più difficile) la farsa è moltiplicata all’ennesima potenza e i primi ad essere raggirati sono proprio le aziende, che si prendono in giro da sole! A cosa serve dire: “voglio gente che commenti la mia pagina, ora!”? Se non ti commentano o non ti conosce ancora nessuno, o non c’è niente da dire su quello che hai appena scritto o non sei virale. Fattene una ragione! Se vendi cacciaviti, obiettivamente, sii cosciente che sarà difficile che la gente parli di te! Le aziende, infatti, nella maggior parte delle volte usano i social media come amplificatori di quello che fanno, che è anche giusto, ma non è solo questo. Bastare mettere sempre link al proprio blog, basta sparare sempre le proprie offerte, basta autoreferenzialità! Perchè non trovare degli argomenti che c’entrino qualcosa con l’azienda, perchè non chiedere agli utenti (dato che se folllowano, in qualche maniera, vuol dire che sono interessati) cosa vorrebbero dall’azienda, perchè non dare degli incentivi affinchè rispondano. Perchè le persone dovrebbero aiutare le aziende a gratis quando i consulenti si fanno pagare? Bisogna premiare i loro sforzi!

Quanto conta l’etica? Quanto cioè questa è davvero considerata dalle aziende e da chi vende loro questi servizi?

Per quella che è la mia esperienza conta zero, come prima i vecchi siti, ora le fan page sono vetrine dei propri servizi. Io veramente mi chiedo se davvero le aziende sono così cieche o se sono i venditori che non capiscono nulla e mirano solo a guadagnare.

Quali sono le tecniche di “assorbimento” di un potenziale problema? Succede mai che qualcuno lamenti una certa invasività? Che si fa in questi casi?

In casi di crisi le aziende illuminate si scusano, cercano di mettere in pratica i suggerimenti, forniscono buoni sconto. La moltitudine affoga i commenti negativi in quelli neutri, o positivi, ovviamente fake. Facendo scorrere verso il basso le criticità, in modo che gli altri non se ne accorgano e non nascano flame.
Se le aziende aggiornano lo status troppo spesso o dicono cavolate senza senso gli iscritti si sfannizzano o unfollowano.

L’utente ottiene vantaggi reali da queste politiche? Può provare un prodotto? Può dire la sua?

Generalmente l’utente può dire la sua, a meno che non contravvenga alla netiquette con parolacce o insulti. Ma vi ricordo che su una fan page è possibile anche impedire ai fan di commentare, dal pannello di amministrazione… Ma che senso ha?

Quali differenze tra il singolo utente e un influente come un blogger?

Ah beh oramai i blogger influenti, quelli che parlano di viral, di guerrilla, di case history etc. fanno quasi tutti markette.. Preparate un blogger kit se volete la recensione!

Blog, forum, social networks: 3 piattaforme per 3 diverse strategie di engagement?

Chi fa engagement sui forum? Big fail! Quelle, grazie a Dio, sono community chiuse, le uniche vere esistenti: si conoscono tutti da anni e appena si iscrive un nuovo utente e spamma un link lo beccano subito. Su blog e social network ho già detto la mia…

Grandi brand e PMI: le dimensioni contano?

Probabilmente le PMI sono meno presuntuose e si fanno consigliare meglio dalle agenzie loro consulenti. Credo che forse per loro sia più facile entrare in contatto con i fan. I grandi marchi hanno milioni di supporters ed ascoltare le idee di tutti è dura. I migliori si buttano sull’entertainment (nella più ampia delle accezioni) gli altri spammano, giusto perchè “non possono non esserci”.

Molto spesso il social media marketing è interpretato come “la parte etica del web marketing”, secondo te è cosi?
Hahaha! Ma da chi? Cinismo a parte, dipende molto da chi vende questi servizi, da chi si occupa di redigere i piani editoriali. Non si deve sempre dire sì alle aziende, bisogna far loro comprendere le cose (e qui potrei aprire una digressione infinita sulle difficoltà, sulla mancanza di tempo, sulla crisi, sulla professionalità etc.). Non si può dire loro fischi per fiaschi, ma bisogna cercare con loro una stragia per coivolgere e rendere partecipi i propri simpatizzanti.

In generale cosa diresti di questo mondo e delle tendenze che lo avvolgono? Qual è il punto di rottura tra un vero nuovo modo di fare marketing e un modo diverso di vestire il vecchio? Le aziende alla fine vogliono, come un tempo, vendere prodotti, il social media marketing le aiuterà? Ed aiuterà gli utenti?

Se le aziende venderanno, che ne so, il forno ideale pensato dalle casalinghe su Facebook, perchè no? Magari per questo basterebbe fare una scolto della rete… Se le aziende tecnologiche daranno supporto ai loro followers facendo CRM tramite Twitter, perchè no? Il problema sono l’ottusità, le cose fatte per moda o perchè si devono fare, la mancanza di moralità. Ma questo esula il social media marketing, no? 😉

 
 
AUTORE

Giorgio Soffiato

Markettaro per passione, dal 1983. Mente creativa e progettuale dell'azienda, fa chilometri e supera ostacoli in nome della rivoluzione arancione chiamata Marketing Arena. Cavallo Pazzo.
 
 

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