Dal percorso di acquisto al percorso di scopo: come si ingaggia il consumatore della generazione C fin troppo abituato ad ignorare gli stimoli della comunicazione?
Partiamo da una dura verità per chi si occupa di marketing: raggiungere il consumatore è sempre più difficile. Se da un lato infatti i social media hanno offerto molteplici occasioni di contatto con il proprio target audience dall’altro hanno moltiplicato anche gli stimoli cui questi è sottoposto obbligando il consumatore ad alzare barriere nei confronti delle informazioni per lui non rilevanti.
Ci troviamo quindi in uno scenario in cui tutti urlano ma nessuno ascolta. Come costruire una campagna di valore che permetta di scavalcare le barriere alzate dal consumatore e di attirare la sua attenzione in una giungla di segnali?
Una ricerca condotta da Google, in collaborazione con TNS e Ogilvy prova a rispondere a questa domanda. La risposta? “It’s all about purpose“.
Il sondaggio, realizzato intervistando un campione di 2.458 acquirenti reticenti in tre diversi settori (automotive, bellezza e tecnologia) ha evidenziato come la ricerca dei consumatori di oggi sia molto più basata sulla sostanza rispetto a quella del passato. Quali sono quindi i concetti chiave da tenere in considerazione nella progettazione di una campagna?
Scopo
Nel processo d’acquisto interviene non solo la soddisfazione del bisogno, ma anche e soprattutto l’immagine stessa che offre il brand. I brand che puntano la loro comunicazione su passioni ed interessi convertono il 42% in più rispetto a quanto non facciano quelli che puntando semplicemente sulla descrizione del prodotto.
E non solo: è meglio puntare sul life time value del cliente coccolando i clienti acquisiti. Una persona che ha già acquistato un vostro prodotto/servizio infatti nel 70% dei casi lo rifarà se è rimasta soddisfatta.
Influenza
Ora che abbiamo capito come è possibile attirare l’attenzione del consumatore cerchiamo di capire dove possiamo trovarli. A differenza di altri media, come ad esempio la TV i consumatori non vivono passivamente il web, cercando solo i contenuti che gli interessano, ma sono coinvolti attivamente creando in prima persona contenuti per loro significativi. Una azienda quindi deve avere la stessa attenzione e creare contenuti rilevanti per le passioni del proprio target in modo da essere riconosciuta come influencer.
Chiaramente i consumatori riconoscono una influenza maggiore al passaparola, il 74% degli utenti intervistati si è fatto influenzare dal consiglio di un amico, ma svolgono un buon ruolo nella conversione anche YouTube con il 64%, Twitter con il 61% e Facebook 56%. I social media quindi in molti casi attirano una influenza maggiore rispetto al sito web (che si attesta attorno al 59%), proprio in quanto permettono una comunicazione meno ingessata e più partecipata, più reale.
Esperienza
Non solo fumo negli occhi, il consumatore percepisce a pelle se i valori proposti dal brand sono effettivamente sentiti e tutta la comunicazione web deve essere coerente con quanto avviene nell’offline. Il punto di vendita (se presente) svolge ancora un ruolo fondamentale nella generazione della conversione, il 69% degli intervistati infatti ha deciso il proprio acquisto proprio nel pdv sulla base delle sensazioni provate. L’acquisto deve essere una esperienza piacevole, deve emozionare e portare un valore aggiunto all’utente.