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Facebook strategy: tutto da rifare

Non sarei sincero, e quindi non sarei un buon consulente, se non palesassi un certo disorientamento negli ultimi mesi nei confronti di Facebook e dell’intera strategia web che lo circonda, siamo infatti di fronte ad un canale che spesso i social media marketer eleggono come faro dell’intero processo di supporto al brand o al lead digitale. Anche se molti già gridano al calo degli utenti attivi, parto da un numero e da un’immagine: i like alla pagina di Algida sono a stamattina 7.366.081. Bene diamo un occhio alle interazioni sull’ultimo post:

algida

Anche sovrastimando i due commenti e la condivisione potremmo dire 30 come dato di engagement, e dividendo questo numero per il totale dei like otteniamo un engagement rate ridicolo. Sono persino stanco di linkare il post Facebook Zero che spiega perché questo accade, e di certo non è il Social Media Manager di Algida il mio obiettivo o target, però tre spunti non possono non uscire:

  • Il web marketing ci ha abituato a trattare Facebook più come la SEO che come la SEM, con un bel piano editoriale settimanale, l’uso della grafica e di contenuti “ingaggianti”
  • Poi venne il calo dell’interesse, quindi tutti a sostenere la baracca con video e grandi pompate di advertising, prima ad aumentare i like (un grande errore che però continua a piacere ai decisori aziendali) e poi a spingere la portata dei singoli post
  • Quando le aziende hanno chiuso i cordoni abbiamo cominciato a pensare a Facebook come strumento non più di brand awareness ma di supporto al lead, molto interessante in questo caso l’approfondimento di Luca

A mio parere tutto questo non basta più. Esiste un problema di fondo, ed è un problema di comunicazione. Probabilmente dobbiamo cominciare a trattare Facebook non più “con striscianti piani editoriali” ma “per campagne”, in cui ovviamente Facebook è un mezzo, come lo è instagram o una strategia di PR. Solo in questo modo potremmo spingere davvero l’ingaggio, che è la metrica che ci interessa. Il punto di svolta, ed è la domanda che ogni mattina ogni social media manager dovrebbe farsi è: “quello che sto facendo è utile a qualcuno”? Facebook può avere obiettivi di:

  • customer caring e dialogo
  • education
  • intrattenimento

ma dobbiamo ricordarci che siamo ospiti in casa di un utente intento a cazzeggiare, a divertirsi, a condividere Lercio e Magalli presidente. Non possiamo più raccontarci che l’utente ha voglia di ingaggiare un rapporto a due vie con il brand, siamo all’interno di un marketplace della visibiltà, cui offrire i nostri prodotti. L’unico modo per non pagare è ottenere la fiducia dell’utente, che condividerà per noi aumentando la portata e, paradossalmente “fregando” Facebook. Ma in questo contesto di co-opetition tra l’utente e Facebook, se il contenuto non è di qualità, l’utente se ne va altrove. Su social meno invasivi, più interessanti, più verticali.

Non sarò cosi stolto da pensare che un pubblico di oltre un miliardi di persone non è appetibile, penso però che se ogni singolo post non sarà pensato per un utente, e non sarà costruito per ottenere un’azione, non staremo facendo bene il nostro lavoro, e soprattutto andremo a generare una spirale negativa di anonimato in salsa Social. È davvero tempo di mettere mano alla strategia, allo spending e agli obiettivi del re dei social ma anche, vi è il rischio, del principe dell’indifferenza digitale.

 
 
AUTORE

Giorgio Soffiato

Markettaro per passione, dal 1983. Mente creativa e progettuale dell'azienda, fa chilometri e supera ostacoli in nome della rivoluzione arancione chiamata Marketing Arena. Cavallo Pazzo.
 
 

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