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Un post diabolico: diffondere virus nel marketing 2.0


Creazione, incubazione, infezione, attivazione, propagazione”. Sono capitato per caso su questa pagina di wikipedia e non so come mai ma invece di leggere “ciclo di vita di un virus informatico o biologico” leggevo youtube. Poi ho riflettuto ed ho capito due cose: in primo luogo sono fuori di testa. In secondo luogo questo breve ciclo di vita descrive anche il processo a cui mira il marketing virale (chiamatelo WOMM, buzz marketing, viral marketing, passaparola… anche se non sono strettamente sinonimi, per gli scopi del post possiamo far finta che lo siano).

Sorpreso da tanta analogia, appena ho letto, poco sotto, che “il loro comportamento parassita è dovuto al fatto che non dispongono di tutte le strutture biochimiche e biosintetiche necessarie per la loro replicazione, ma tali strutture vengono reperite nella cellula ospite in cui il virus penetra, utilizzandole per riprodursi in numerose copie” non ho potuto fare a meno di prendere carta e penna (eh scusate, sono anziano dentro per certe cose!) e buttare giù un post sul viral marketing. Qualcuno doveva pur sottolineare le somiglianze! Ma in molti parlano del viral marketing accomunandolo al comportamento del virus. In pochi, però, si soffermano sull’analizzare le ragioni a causa delle quali un video diventa virale. Anzi, mi sono trovato in (stimolanti) discussioni e contradditori su vari gruppi di linkedin, ad esempio, dove alcune campane sostenevano la casualità e l’imprevedibilità di certe campagne virali. Come se la creatività fosse l’unico appiglio, l’unica arma, l’unica esca da lanciare nel mare caotico della comunicazione postmoderna, per poi aspettare e vedere in quanti pesci abboccano.

Siccome a pesca ci andavo da piccolo e non ho mai preso niente, voglio provare a dimostrare che ci sono regole e indicazioni precise che ci permettono di capire le ragioni per cui un video ha successo on-line o meno. Diciamo che ne ho individuate 10, ma non ho intitolato volutamente il post “10 motivi per cui un video è virale” per il semplice fatto che sarei stato meno alternativo di chi, adesso, si trasforma in esperto di finanza e scrive un post sulle azioni di Faccialibro.

#1 Marketing 2.0: Uno dei motivi per cui funziona il mezzo video è che la dinamicità è diventata la chiave di volta sul quale si regge l’odierna comunicazione. Le colonne dell’arco sono invece rappresentate dalle “forme di vita elastica” o “momenti di vita” o “touchpoints”, che vanno a sostituire i vecchi e desueti “stili di vita”, con i quali non si interpreta più il contesto e non si suddivide più il target. Velocità, brevità, effetto sorpresa sono gli elementi costituenti delle colonne, diciamo la base, il fusto e il capitello, tanto per rimanere nella metafora architettonica. Se si intercettano questi aspetti e se un video contiene questi elementi si trasforma in una struttura tale che può diventare il nostro virus.

#2 Seeding: un virus, come si legge sulla pagina sopracitata di wikipedia, necessita delle giuste condizioni per diffondersi. L’ambiente esterno, la cultura portante di un paese, i risvolti culturali e tecnologici, filosofici e politici, rituali e religiosi (metteteci in mezzo tutti gli aspetti della società) sono elementi da considerare in modo rilevante quanto si è sulla fase di costruzione di una campagna virale. Se non si considerano, tutta l’impalcatura crolla sotto il peso dell’incomprensione. E’ necessario inserirsi nell’ambiente, comprenderlo e seminare, creando punti di contatto con il pubblico, per far sì che, una volta lanciato, il virus abbia le condizioni tali che gli permettono di riprodursi.

#3 Utilità: le persone non condividono l’inutile. Semmai l’effimero, lo sciocco, il banale, l’insulso. Mai l’inutile. E’ perciò necessario che la nostra produzione contenga un elemento d’utilità (che sia informativa, relativa al trasferimento di valore, ludica, coinvolgente). Al tempo d’oggi, se si offre un contenuto inutile senza valore le persone si girano altrove. E non faticano a trovare qualcosa che li soddisfi, vista la quantità di materiale a disposizione.

#4 Emotività: forse ancora non ce ne siamo resi conto, ma viviamo nell’economia della felicità: nella comunicazione 2.0 le relazioni tra le persone diventano generatrici di senso e valore, e sono gratuite per definizione (anche se hanno bisogno di impalcature tecnologiche che costano) e non sono legate all’acquisizione di beni materiali, ma sono incentrate sul “gioire insieme”. Non a caso, una delle 5 “T” del passaparola di Bolondi è proprio “taking part” (assieme a “talkers, topics, tools, tracking”). Insomma, tanto più si genera coinvolgimento emotivo, tanto più si genereranno emozioni, pronte ad essere condivise. E il video di certo aiuta (leggere “Homo Videns” di Sartori per approfondire).

#5 Brevità: offrite pure il meglio del meglio (del meglio), ma se costruite la corazzata Potëmkin e volete renderla viral è difficile che il commento unanime non possa non essere “Per me… La corazzata Kotiomkin… è una cagata pazzesca!”, seguito, per altro, dai 92 minuti di applausi di fantozziana memoria.

#6 Autonomia: ok lo storytelling, ma qua parliamo di diffusione a macchia d’olio. Tutti devono poter vedere/capire/condividere, senza background necessari. Altrimenti già vi date la zappa sui piedi. E per “autonomia” intendo la parola da tutti i punti di vista. Creare un video in olandese e volerlo rendere virale, in linea di massima potrebbe non funzionare: potenzialmente avete 20 milioni di seguaci (parlanti olandesi). Il video “dramatic look” ha avuto 34 milioni di visite, partendo da un bacino di pubblico molto più esteso (praticamente tutta la Terra).

#7 Amatorialità & Immedesimazione: Tom & Jerry, cacio & pere… in ogni campo esiste una coppia vincente inscindibile. Questa è la coppia di successo del viral marketing. L’impressione che esce dal video deve essere quella di una familiarità assoluta con quanto si vede. E non necessariamente perché sono scene che si vedono tutti i giorni, ma perché il pubblico deve poter riconoscere una situazione, un episodio, un elemento, un qualcosa che gli fa capire di cosa parliamo. Lo sconosciuto spaventa, crea caos. Reazione: fuga. Il conosciuto piace, rassicura. Reazione: condivisione. Il messaggio del video deve essere limpido e deve far sì che le persone vi riflettano dentro il loro umore, la loro ironia, il loro stile, i loro gusti: in poche parole identità ed espressione di sé. Se gli utenti non si identificano con il vostro video, non lo condivideranno.

#8 Creatività: è il numero 8, ma solo perché non è una lista in ordine di importanza. La creatività non è importante, è l’unica cosa che conta (davvero). Scusate per l’Agnelliana citazione (in particolar modo se ci sono lettori granata), ma è davvero così. Senza creatività non si va da nessuna parte, specie sul web. E’ il vero elemento che fa fare il salto di qualità, che distingue il successo assoluto dal buon lavoro. E non ci sono formule magiche, consigli o modi per ottenerla. E’ l’ingrediente segreto, il plus.

#9 Naming: Un nome attraente, rintracciabile, ritrovabile, aiuta nella diffusione e nella viralizzazione. “Numa Numa”, si fosse chiamato in altro modo, sono certo avrebbe riscosso un po’ meno successi.

#10 Avvio e Canali: da una parte si deve pur partire. I primi passi che si muovono sono di fondamentale importanza. Serve una base solida, un gruppo di opinion leader, che inizino la diffusione. Una volta che il video è partito poi si muove in autonomia, un po’ come il fuoco. Una volta che è acceso brucia da solo, ma occorre lavorarci su per far partire la fiamma. In più serve lanciare la nostra produzione sui canali giusti. Non illudetevi, poi si muoverà in autonomia nei canali che preferisce, ma almeno lo start va direzionato.

Insomma, chiudo con due concetti. Il primo è che ho parlato di viralizzazione riferendomi solo al video, quando in realtà anche altri tipi di campagne possono diventare viral (esempio le immagini). Il secondo è che ho fatto una lista di 10, che voleva essere esauriente, ma non esaustiva. Per cui se insieme li facciamo diventare 11, 12, 13 o 18.000, tanto per chiudere il post con un’altra citazione Fantozziana (per Villaggio 18 è il numero dell’esagerazione, ricordate i 18.000 gradi del pomodoro da guarnizione o i 18.000 megasuoni della sirena), tanto meglio!

 
 
AUTORE

Marco Vangelisti

Marco Vangelisti, classe 1987, toscano DOC, appassionato-curioso-esperto di comunicazione, marketing e social media, tanto da trasformare questi in un lavoro. Mi piace avere la vita piena e vivere sotto stress, per poi scaricarlo con lo sport e la musica. Vedo il bicchiere mezzo pieno e rido di gusto.
 
 

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