HomeBlogSocial Media MarketingComunicare il vino: i cinque casi internazionali di Social Media Marketing (davvero fighi)

Comunicare il vino: i cinque casi internazionali di Social Media Marketing (davvero fighi)

Ci sembrava particolarmente interessante fare uno zoom sul mondo della comunicazione e della Brand Identity di alcuni marchi famosi all’interno del mondo vinicolo. 

E proprio per cercare nuovi spunti da riversare poi sul panorama italiano, o da cui aziende e cantine ma anche brand manager e social media specialist italiani potessero trarre ispirazione, abbiamo pensato di portare sul nostro tavolo virtuale cinque casi fighi a livello internazionale.

1° caso – Kim Crawford 

Il primo esempio che vogliamo segnalarvi è il brand Kim Crawford, un marchio di origine australiano che deve la propria fama grazie e soprattutto al mercato americano che par particolarmente apprezzare sia la tipologia di vini prodotti, sia la comunicazione strategica adottata dal brand.

Kim Crawford ha uno stile fresco, frizzante e trendy; e sebbene la comunicazione – proprio da stereotipo – sembri pensata per un pubblico femminile, il brand fa sapere che i prodotti Kim Crawford sono ampiamente apprezzati anche dal pubblico maschile. I collegamenti tra sito e social sono ben studiati ed è forte l’identità del marchio stesso che ha messo in piedi delle campagne di comunicazione davvero efficaci, a partire dai “semplici” hashtag di campagna.

2° caso – Vila Viniteca 

L’autentica boutique del vino in territorio spagnolo si affida all’abilità e alla passione di famiglia, da ben 3 generazioni. 

Con Vila Viniteca siamo riusciti ad apprezzare il bello delle collaborazioni mirate e studiate a tavolino: il coinvolgimento di volti noti, quali chef e ristoranti stellati, nella creazione di contenuti digitali, per Vila Viniteca è certamente un must e il loro profilo Instagram lo racconta molto bene.

3° caso – 19 Crimes 

Sarebbe stato un vero crimine non parlare poi di un brand come 19 Crimes. Fin da subito si rimane colpiti dalla strategia visual del marchio, davvero d’impatto, per la quale, inoltre, il coinvolgimento di un volto noto come quello del rapper Snoop Dogg, ha giocato certamente a favore. 

Questo brand seppur di recente comparsa all’interno del mondo Food&Beverage, ha avuto un enorme successo sin da subito, complice sicuramente l’applicazione della realtà aumentata a quelle che sono le etichette di prodotto. 

L’impiego di una tecnologia immersiva, capace di catapultare l’acquirente-utente direttamente a contatto con un racconto simil-vero, prima, e di una brand identity coordinata in tutti i presidi online, dopo, ha dato vita ad una comunicazione del brand che pare quasi capace di autoraccontarsi, senza il bisogno di utilizzare grandi escamotage digitali. 

4° caso – Perrier-Jouët 

Con Perrier-Jouët, ci si avvicina a un racconto di brand e a una strategia social forse più vicina a quella dei marchi italiani ma che non manca di sottolineare lo stretto legame di questo brand con il mondo dell’arte.

Perrier-Jouët fa della propria comunicazione social qualcosa di leggero e sognante, tant’è che il fascino della Belle Epoque presente anche nella decorazione delle etichette del prodotto stesso, riaffiora costantemente nella comunicazione dell’ecosistema digitale del marchio. 

Un’ottima video strategy e il collegamento con altre piattaforme per la creazione di podcast, oltre che il racconto ben fatto di questi contenuti, affermano l’identità del marchio nel tempo. 

5° caso – Jean Leon 

Last but not least, Jean Leon . Anche in questo caso, l’identità di brand e il piano visivo hanno fatto da padroni. 

Quando si entra in contatto con il mondo Jean Leon è chiara da subito l’influenza dello stile vintage di un’America anni ‘50-‘60

L’aspetto visual è certamente rimarcato in tutti gli aspetti della comunicazione, e le declinazioni dei contenuti social, seguono a ruota. Di nuovo, l’ampliamento del portfolio virtuale a cui far accedere i propri utenti, ha giocato a favore: ottimo l’impiego di playlist Spotify pensate per accompagnare il momento della degustazione e della relativa connessione tra mondo online e offline.  

Per concludere

Vien da sé che una buona social media strategy parte da un’ottima e forte identità di brand e che il racconto del marchio può essere eccellente solo se a monte si hanno ben chiari gli obiettivi della propria comunicazione. Piattaforme e profili social, formati a disposizione e tool, sono solo strumenti secondari, a supporto di una strategia ben pensata e che si differenzia (e che va diversificata) in base al TOV del brand da raccontare. 

Per concludere, portando l’attenzione verso un elemento assolutamente rilevante, c’è da dire che è notevole la differenza nel racconto digitale di un marchio internazionale, più distante da quei valori tradizionali trasmessi da brand italiani, e che proprio da questo gap e dal desiderio di testare nuovi trend e tendenze, trova probabilmente la sua maggior forza d’azione. 

Cheers!

 
 
AUTORE

Eva Masieri

Made in Italy ma in fissa per il Giappone e tutto ciò che è “Far East”. Laureata in lingue orientali, i viaggi e la scrittura sono le mie passioni e la curiosità la mia forza.
 
 

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