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La differenza tra “mi piace” e “ti amo” nel web marketing

La storia di oggi parla di una storia di ieri. Al solito, scene di vita vera nel panorama del marketing on line. Ho ricevuto una telefonata da parte di un cliente con cui stiamo lavorando su un’attività per ora a bassissimo valore aggiunto legata al content marketing per il supporto al sito web. Con mia sorpresa il discorso si è spostato su temi più alti e strategie innovative al servizio del business, quello che mi ha colpito però è l’approccio che questo cliente mi ha passato da subito, che suona più o meno cosi:

Vedi, io sono stanco di questi blog tour, di queste star prestate dalla rete, non riesco a non accomunarle al paid media, io voglio dare un contenuto vero al mio utente, voglio che percepisca la differenza della mia offerta nel lungo periodo, non “a spot” come tutti stanno facendo ora.

Non vi nascondo che tanta franchezza in un mondo sempre meno autentico mi ha colpito, e mi ha colpito soprattutto perché chiama il consulente a tirare fuori davvero dei piani di lungo periodo di coinvolgimento della base e di servizio, la parola che (incredibilmente nessuno ha ancora capito) fa la differenza di questi tempi. Ho detto più volte quello che penso sul tema del blogger engagement e questa richiesta sembra spostare l’asticella ad un livello diverso. Quello che i pochi clienti avveduti, gli unici che a questo punto vogliamo, stanno chiedendo è l’utilizzo di tecniche di marketing pure e di lungo periodo, che possono senza dubbio contare sull’ingaggio di influenti come consulenti di breve periodo, ma vogliono muovere soprattutto sulla base di utenti, vogliono persone innamorate della marca e non sterili mi piace. Cosa porto a casa dalla telefonata di ieri?

  • lavorare bene a qualsiasi livello: non importa l’incarico in cui siamo chiamati a lavorare, quello che fa la differenza è l’approccio con cui lo si affronta, lavorate bene, lavorerete a lungo
  • differenza tra ambassador e influencer: le personalità già affermate in rete possono essere coinvolte per la loro capacità di progettare esperienze di breve periodo e amplificare un cambio di paradigma nella comunicazione aziendale, tutto questo però deve essere finalizzato ad un marketing peer to peer in cui sia l’user generated content puro e cristallino il vero protagonista. Ben vengano i blogger quindi, ma solo con scopi tattici
  • fan a pagamento, quasi a pagamento, fan veri: recentemente la polemica è montata furiosa, siano maledetti coloro che comprano i fan! In realtà non è poi cosi falso che il coinvolgimento di influenzatori e lo sviluppo di azioni come detto tattiche porta a ad un aumento innaturale della base di “mi piace” che hanno però una “actionability” diversa dagli innamorati del brand

La cosa più bella l’ho sentita però in chiusura della telefonata, quando il cliente mi ha detto “tutto questo sta nella mia testa, ma non posso farlo perché la mia azienda non è ancora pronta a livello interno a recepire questo livello di innovazione in comunicazione”. Senza dubbio per me è stato un buon refresh di filosofia dei social che tutti ogni tanto dovrebbero ricordare, grazie.

 
 
AUTORE

Giorgio Soffiato

Markettaro per passione, dal 1983. Mente creativa e progettuale dell'azienda, fa chilometri e supera ostacoli in nome della rivoluzione arancione chiamata Marketing Arena. Cavallo Pazzo.
 
 

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