Le etichette, in particolare, si collocano in un nuovo ecosistema della ricerca (quello che sto tentando di tracciare nella mia tesi) che vede un utente sempre più affamato di informazioni, bombardato di stimoli, spesso però sbagliati. Lo dice Veronis in un paper in cui presenta i risultati di un esperimento universitario di confronto di sei motori di ricerca, tra cui google e yahoo!, evidenziando una soddisfazione degli utenti rispetto ai motori vincitori (per l’appunto i due major search engines americani), comunque inferiore alla sufficienza (2.3 su 5 con soglia di sufficienza a 2.5). La sete di informazioni e le fonti inadeguate hanno dato vita a una rivoluzione dal basso, fatto non nuovo per chi vede 2.0 anche nelle pacche sulle spalle, che ha portato gli utenti stessi, i blogger, i flickr, gli youtuber ad etichettare le proprie creazioni per renderle più comprensibili a chi, non umano, di lavoro fa il robot (lo spider) e cerca di tracciare informazioni e relazioni.
Il futuro delle etichette però, è molto più roseo di quanto sembra. Pensiamo per un attimo al mobile tagging: io scatto una foto in aeroporto, la invio (wi-fi) alla mia ragazza che ha sul comodino una di quelle cornici che proiettano slideshow, la suddetta suona (non la ragazza, la cornice) e la avverte della mia immagine, taggata, oltre a quella la cornice ricorda automaticamente 5 bei momenti “correlati” e propone di cercare tra le mail e i post sui blog per approfondire.. magari la mia ragazza sarà in ritardo col treno e snobberà le tag ma l’apertura di vedute che questi nuovi strumenti consentono, e soprattutto consentiranno, è a mio avviso incredibile. Keep in tag!
Giorgio
immagine: shpalmena.splinder.com