Riprendo via Gianluigi Zarantonello che rilancia Minimarketing il tema degli interinali del social media e più in generale del lavorare nel social media marketing. La premessa concettuale in questo caso è che paroloni come relazioni, pensiero strategico, condivisione e collaborazione sono ormai abusati, quasi da dar fastidio. E’ complesso rendere giustizia ai pochi bravi di fronte ai tanti farlocchi che fanno questo mestiere, è complesso perché manca una guida e perché non è poi cosi difficile imbastire due profili.. il problema è che il gioco non finisce qui..
Distinguerei sostanzialmente due livelli nel social media marketing, che sono poi i due livelli di molte delle leve di marketing digitale sulle quali riflettiamo. Nel momento della pianificazione strategica è importante il coinvolgimento dell’intera impresa che deve definire delle linee guida di comportamento e di relazione. Risponderò ai commenti? Con quale frequenza? Come mi comporterò di fronte ad un commento negativo? Avrò un blog aziendale? Lo aggiornerò? Chi ci scriverà? La risposta a tutti questi quesiti non può essere affidata ad uno stagista, per quanto skillato visto che oggi arrivano in azienda stagisti con più esperienza di direttori marketing.. L’operatività però, ed ecco il secondo livello, non richiede nei singoli momenti delle skill cosi profonde da coinvolgere l’intera impresa.. il problema è che se a livello di importanza sul successo finale dell’attività la strategia conta moltissimo, l’operatività non solo conta altrettanto ma è anche un’attività molto gravosa e spesso ripetitiva (si gestiscono 3 clienti nello stesso modo) e per questo adattissima allo stagista di turno. Ben lungi dall’esprimere giudizi di merito mi soffermo su due punti, e chiudo accodandomi a Gianluca.
– Tutti abbiamo fatto uno stage e lo strumento è assolutamente utile per entrare nelle dinamiche aziendali e capire come funzionano davvero le cose. Inoltre uno stage nel social media marketing è di certo più divertente di uno stage nella revisione aziendale
– E’ giusto, sensato, corretto ed etico che lo stage sia la prima parte di un percorso formativo che porta all’evoluzione della figura professionale, e qui sorge la grande domanda: con la crescita della domanda di social media marketing il rapporto manager/stagista rimarrà di 2 stagisti per ogni manager (ipotetico 1/2 –> 2/4 –> 4/8) o le economie di specializzazione porteranno a preoccupanti 1/4 –> 2/10 –> 3/20?) Ho estremizzato, per rendere un’idea non facile da portare ma, semplificando, ci sarà posto tra i quadri dirigenti per gli stagisti cresciuti in azienda?
Chiudo come promesso con un commento al consiglio di Gianluca, che riporto
poi io, se dovessi dare un consiglio non richiesto ai neolaureati, direi di non focalizzarsi sui social media come oggetto della propria professione/specializzazione. Studiate invece l’applicazione dell’ambiente sociale al marketing, all’organizzazione, alle vendite, al servizio clienti, per essere degli specialisti in linea con l’ambiente circostante ma appunto, accumulate l’esperienza nell’applicazione, non nel social web in quanto tale.
Sono molto concorde, giro la testa e vedo sulla mia scrivania “propagare l’ideavirus” di Seth Godin, finito di stampare in Italia nel 2001. Ricordo una mia tesi del 2003 sulla memetica e il bel “la parte abitata della rete” è un testo del 2007. Sono passati 9, 7 e 3 anni ma non tutto cambia cosi in fretta come sembra, non è la corsa all’oro, si tratta solo di comprendere che le aziende hanno sempre meno vantaggi informativi sulle persone e per questo si devono concentrare sui vantaggi di produzione, anche quando il prodotto è un servizio. Le persone parlano con le aziende non tanto perché si siano scoperte nuove dinamiche collaborative e tutti siano diventati buoni, quanto perché oggi sputtanare è possibile, ed essere sputtanati fa paura. E’ tutto come ieri, le aziende vogliono fare business e trovare i clienti, capito però che per fare questo il mezzo è una nuova dimensione e se questo mezzo fa bene anche all’etica aziendale ben venga. I piccoli invece ci hanno provato e ci sono riusciti reinventando e reinventandosi, e da questo sono nati casi di vero “bel marketing”. Agli stagisti di oggi quindi un consiglio solo: imparare il vocabolario delle aziende, fatto di strategia, marketing, vendite, organizzazione, e se proprio vogliamo dei bei libri non scendiamo sui tecnicismi da copertina (web 2.0! web 2.0! web 2.0!) ma proviamo a comprendere quello che c’è dietro, Barabasi e Castells per cominciare possono aiutarci.