E’ passato parecchio tempo dal caso kryptonite ma il rapporto di amore / odio tra media sociali e crisi aziendali è sempre più in auge. E’ un bell’articolo su smart blogs dal titolo “why crisis management and social media must co-exist“ a rilanciare con forza il tema. E lo fa riassumendo quattro casi gustosi accaduti di recente:
Concordo al 100% con l’autore che definisce i social media “weapon of choice for angry masses to fuel the fire of negativity” ma anche “the very best asset for crisis management”. Questa doppia faccia che i social media portano con sè è ormai una caratteristica di un mezzo che rimane senza dubbio tale ma che si rivela delicato e complesso da gestire, almeno quanto potenzialmente dirompente nei risultati positivi che possono derivare da un corretto utilizzo. Sono quattro i consigli interessanti che non possiamo non condividere in questa traduzione (speriamo) ragionata del sabato mattina:
Rimanete voi stessi
Le basi della comunicazione della crisi non sono cambiate, sono invece cambiate le condizioni. Una delle poche cose che ritengo fondamentali e che spesso “mi gioco” nell’aprire le mie giornate come formatore è proprio il concetto che le basi del marketing (il Kotler per intenderci) non sono da rottamare a beneficio del 2.0 , 3.0 etc.. si tratta “semplicemente” (beh..) di integrare questo nuovo grande cambiamento ed aggiornare i comportamenti, non tanto le regole. Chi ha approfittato di falle nel vecchio marketing non può più farlo, o meglio rischia molto di più. Ciò che le aziende temono, probabilmente a ragione, è l’effetto valanga che una singola conversazione può generare. Per questo motivo la prima cosa da fare è monitorare ogni singola fonte, con gli strumenti giusti.
Dal ROI al RAP
La smania di misurare il ritorno sull’investimento (ROI) non ci permette di comprendere come non sia solo il supporto alle vendite il focus che le aziende devono centrare, quello che viene definito “return on avoiding pain” che suona più o meno come “ritorno da danni evitati”. E’ ancora l’ascolto (have a presence and a ear to the ground) la chiave per evitare disastri mediatici evitabili come quello del caso United Airlines / Bloomberg.
Twitter, un alleato
Twitter viene definito “the single best crisis warning system ever developed”, e con lui strumenti di ascolto delle conversazioni su twitter che ci permettono di “annusare” quello che la fuori si dice di noi. Non solo twitter come strumento di risposta quindi, ma soprattutto come strumento di analisi
Siate pronti, su tutti i fronti
Are you ready to compete across the wide spectrum of social media? E’ questa la domanda che chiude l’ultimo punto crititico dell’articolo. Citando uno studio sull’utilizzo dei social media da parte degli attivisti politici il testo segnala una certa corrispondenza tra crisi e singoli media sociali (per capirci il problema di Domino si è scatenato quando il presidente ha risposto al video incriminato con un ulteriore video su Youtube), questo dato è interessante e non fa che mettere ulteriormente in guardia sulla necessità di utilizzare in maniera sensata il social web.
Questo articolo fondato sull’ascolto si chiude con una domanda, che condividiamo:
How are you using social media to respond to public relations issues? What tactics and tools have helped your company stay one step ahead?
Detto e premesso che ascoltare è importante, quali sono le leve per reagire? come può un’azienda “dire la sua” durante una crisi o evitarne una?