Il web è affare complesso e articolato, nulla di nuovo. Da tempo lanciamo da questi schermi inviti alla definizione e riconoscimento delle competenze necessarie per operare nel web marketing e gestirne le leve. I guru del social media marketing affrontano questi ed altri temi quotidianamente “nei migliori social network”, tra questi è interessante la domanda apparsa sul gruppo degli “esperti” 2.0 su linkedin:
Come reagire ai commenti negativi sui Social Media?
Mi è capitato di recente di dover affrontare un caso simile e il tema mi interessa quindi personalmente, ho però notato che la discussione è forte ed anche in recenti momenti di condivisione e formazione ho visto che l’attenzione per questo argomento è oggi massima. Analizzerei il problema da due punti di vista:
comportamentale / sociologico: per quanto si parli, a ragione, di brand evangelist e brand ambassador sono di certo i commenti negativi il vero spauracchio delle aziende. Gli utenti sono molto più incentivati a segnalare un’esperienza non positiva rispetto ad un’esperienza “normale”. Il mondo non è fatto solo di long tail, outliers e mucche viola, ma anche di persone ed esperienze “nella media” che rischiano oggi di essere risucchiate nel mondo delle opinioni. La costruzione di un’immagine forte passa anche da iniziative di PR on line che oggi scandalizzano ma probabilmente esistono dalla notte dei tempi. Non so se sia etico o giusto incentivare un influente (un blogger ad esempio) con una ricompensa in cambio di una recensione, mi chiedo però se questo sia più o meno etico e giusto rispetto alle azioni di PR su un giornale o per la televisione. Le aziende vivono un problema di reputazione reale, anche perché l’identità digitale di chi accusa (o promuove) è celata dietro al nickname (anche quella di un potenziale competitor) ma il commento lasciato o l’informazione diffusa sono assolutamente verissimi
tecnico: dal punto di vista tecnico sarò breve, si può solo sottolineare come non sia sempre giusto fare ciò che si ritiene sensato fare. La risposta ad un commento negativo, ad esempio, può risvegliare una discussione morta e, per quanto corretta, da non risvegliare. Riappare con tutta la sua forza il nostro essere “schiavi” dei motori di ricerca e dell’indicizzazione.
Come uscirne? Sono piuttosto concorde con chi crede nell’autoregolazione delle masse, che quindi alla lunga premieranno le aziende meritevoli e i commenti negativi serviranno solo a rendere più vere le opinioni positive. Mi preoccupano due cose, la prima è il potenziale accanimento che potrebbe risultare più forte dell’ammirazione verso l’azienda (soprattutto se parliamo di b2b, non sempre possiamo vivere di lovemarks), la seconda è la situazione delle pmi che, strutturalmente in difficoltà coi grandi numeri, rischiano di veder pesare molto le singole opinioni negative ed avere difficoltà a costruire un’identità on line di qualità.
Il tema vero è probabilmente questo: la costruzione della brand identity o reputation on line passa per iniziative push e non è solo frutto dell’osservazione di quello che accade in rete, l’etica di tali iniziative è problematica quanto lo è l’etica delle PR on line, con l’unica differenza che la rete è per sua natura meno controllabile e più accessibile, condizione che forse non piace a tutti..