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Siamo fatti così…

Se c’è una cosa che mi ha sempre affascinato (oltre a Kurt Cobain, ça va sans dire) è lo studio del comportamento umano.

Come mai agiamo in un certo modo? Perché certe persone riescono ad affascinarci profondamente? Quali fattori influiscono sulle nostre scelte?

Se caliamo tutte queste domande nel magico mondo del marketing e della comunicazione, possiamo convertirle in termini utilitaristici:

Cosa ci porta a scegliere un prodotto rispetto ad un altro? Perché alcune persone sanno convincerci ad acquistare? Come mai un annuncio converte, e un altro no? 

Lungi dal voler analizzare lo scibile umano in un articolo di blog, possiamo provare comunque a capire quali sono i principi chiave della scienza comportamentale alla base delle nostre più comuni decisioni d’acquisto.

Cominciamo con una certezza: il modo in cui facciamo delle scelte è caotico e complesso, e lo sarà sempre più. Tra il primo stimolo all’acquisto e la decisione c’è un “messy middle”, un grande groviglio di touchpoint che per ciascuno di noi si dispone in maniera diversa, e in cui ogni step è differente perché si basa sull’elaborazione personale di informazioni.

Quindi, che si fa? C’è fortunatamente un’altra certezza che ci viene in aiuto a questo punto: possiamo riscontrare negli esseri umani delle dinamiche comuni, come la scienza comportamentale ci insegna.

Quali sono quindi le leve che funzionano di più nelle scelte d’acquisto, e perché?

Possiamo iniziare citando Big G e i 5 principi della scienza comportamentale rilevati come incentivi positivi tra gli annunci della rete Search in una ricerca effettuata su oltre 12.000 acquirenti.

  • Potere della gratuità: sì ad articoli gratuiti, offerte e coupon;
  • Bias di autorità: un brand che abbia il supporto di esperti e fonti attendibili si differenzia dalla concorrenza;
  • Euristica sociale: è importante mostrare recensioni e consigli, e mettere in evidenza le scelte più popolari;
  • Contesto: cambiare il quadro di riferimento può aiutare le persone a rivalutare un prodotto o un servizio. Ad esempio, attraverso il framing è possibile mettere in evidenza i vantaggi in termini di comodità o risparmio di tempo;
  • Associazioni premium: associare il proprio brand ad elementi di qualità elevata, come nel caso degli spot pubblicitari mostrati durante il Super Bowl.

Questi principi si basano sui nostri bias cognitivi. Cosa significa?

In psicologia si definiscono euristiche le scorciatoie che seguiamo per prendere decisioni in contesti ambigui, complessi o incompleti. Quando un’euristica compie un’imprecisione, un errore, ci troviamo di fronte a un bias cognitivo: un concetto esplorato a partire dagli anni ’70 da Kahneman & Tversky.

Quali sono i bias cognitivi di cui siamo vittima? E come sfruttarli nel marketing?

I bias cognitivi e le tecniche per sfruttarli sono centinaia. Chi si occupa di marketing conosce ad esempio l’effetto primacy e recency, la scarsità o la FOMO (fear of missing out), l’ancoraggio, la reciprocità.

Vi citerò qui le altre due leve che preferisco e un esempio di come utilizzarle a favore delle proprie attività:

Il nudging: meglio una spinta gentile che un divieto imposto. I negozianti su questo mi fanno spesso divertire: “non toccare”, “vietato entrare”, “non si fa credito a nessuno”: tutti avvisi che fanno accendere un’allerta e danno una sensazione di inospitalità. E se invece rovesciassimo il nostro atteggiamento?

“Vietato stare a meno di 1 metro di distanza” ⛔️ diventerebbe “Goditi un po’ di spazio extra” 🤗

“Non usare il telefono a tavola” ❌ diventerebbe “Il piacere di una cena tranquilla con le persone che ami” 🥂

“Il conto da pagare è pari a 1.000€ e va saldato entro questa settimana” 💸 diventerebbe “Il 95% dei cittadini paga le tasse in anticipo. Trovi anche il tuo bollettino in allegato” 🙏🏻

Pratfal effect, l’”effetto scivolone”: è un bias di contesto, in base al quale l’ammissione di un difetto da parte di un brand può renderlo più umano e farlo piacere di più alle persone. Un biscotto brutto potrebbe diventare “grezzo perché integrale e sano”, una birra lenta da spillare “un sorso per il quale vale la pena aspettare”.

“Sì, ma cosa mi porto a casa?”

Combinare le diverse tecniche e sfruttare i bias cognitivi ci aiuta a guadagnare vantaggio competitivo. L’A/B testing è fondamentale, come lo sono la fantasia e la creatività

Compiti per casa:

 
 
AUTORE

Marta Xerra

Il marketing digitale come evoluzione di una laurea in comunicazione. Il suo pane quotidiano professionale ha termini austeri: CTR, CRO, CPA. Per il resto del tempo sceglie espressioni decisamente più goderecce: quella di concerto metal, di un calice di Metodo Classico o di una pizza napoletana, passando per la Tom Yum Kung dell’ultimo viaggio in Thailandia.
 
 

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