In questi giorni siamo coinvolti in un progetto di ampio respiro, si tratta di Valore Artigiano, un’iniziativa davvero interessante che coinvolge un buon numero di imprese artigiane del vicentino e le principali realtà della rappresentanza: Confertigianato Vicenza e CNA. Siamo responsabili del laboratorio di e-commerce, e la situazione che si presenta ai nostri occhi è differente rispetto alle attese. Credevamo infatti di incontrare artigiani pronti a scegliere tra magento e prestashop, a dibattere sul dominio e la larghezza di banda, a selezionare campi semantici per ottimizzare lato SEO il proprio store. Questo accade solo nei (pochi) libri di scuola.
Ancora una volta è il marketing a guidare il processo di innovazione nella struttura commerciale, perché è di questo che parliamo, e non la tecnologia. Dopo aver mostrato Etsy agli artigiani abbiamo riscontrato in aula una “dicotomica reazione”, entusiasta ed entusiasmante per i produttori del segmento moda o gioiello, più fredda nelle aziende di targhe industriali, illuminazione o lavorazione del marmo, tutti artigiani alla fine, ma anche tutti a dimostrare sul campo che artigiani e maker non sempre parlano la stessa lingua.
Come far coesistere in aula profili così eterogenei? Ma soprattutto come offrire alle nostre PMI una soluzione univoca per il giro di boa che la teoria propone come terza rivoluzione industriale e la pratica reclama come azioni da compiere domattina in azienda? Credo che un processo a tre step potrebbe aiutare:
- analisi dell’attuale flusso commerciale: chi sono gli attori coinvolti nella vendita? Vi sono influenzatori? Esiste una filiera di grossisti e dettaglianti? Quali implicazioni per l’attuale dinamica “diplomatica” nel saltare il canale accorciando tale flusso?
- analisi della digital marketability del prodotto: il prodotto è inseribile in una scheda e-commerce? Quante varianti dello stesso conosciamo? È possibile chiudere una transazione in tempo reale? Quali complessità logistiche?
- valutazione delle opportunità offerte dal digitale: anche in assenza di condizioni ottimali per un e-commerce (appunto, la lastra di marmo su misura), non è detto che il digitale non possa intervenire per accorciare la filiera di acquisto, massimizzare le opportunità di vendita, aiutare in azioni di fidelizzazione ed upselling
La nostra teoria, magari banale, è quella che il vero valore dell’e-commerce non sia nelle piattaforme o nella vendita diretta di magliette e ninnoli, ma in una declinazione digitale dell’azienda,che comprende buyer, influenzatori, posizionamento estero, logistica, marketing interno etc.. Forse questa è anche la differenza tra e-commerce ed infocommerce, uno stupendo mondo per pochi fortunati il primo, un’opportunità inesplorata per tutto il B2B il secondo. Un tema da approfondire.