The End of Cheap China di Shaun Rein è un libro formidabile che racconta i mutamenti epocali che stanno avvenendo in Cina in questo decennio e che faremmo bene a considerare con attenzione noi europei e occidentali.
Il fenomeno riguarda le persone e quindi anche le aziende e le azioni di marketing perché in Cina sta venendo alla ribalta una classe media che si stima possa raggiungere presto i 500 milioni di persone. Al di là dei numeri straordinari quello che sta cambiando sono gli atteggiamenti e la società.
Questo può avere ripercussioni importanti per tutti coloro che hanno sempre visto la Cina come la fabbrica del mondo, il luogo dove si producono cose di scarsa qualità a costi molto inferiori ai nostri e dove si copia lo stile e il design dei brand e dei paesi più avanzati industrialmente.
Ebbene, questo non è più vero per una serie di fattori:
- L’abbondanza di offerta di lavoro unita alla politica del controllo delle nascite ha fatto sì che ci siano più posti vacanti che forza lavoro disponibile.
- Le nuove generazioni non sono più disposte ad accettare condizioni di lavoro disumane e questo ha portato ad un aumento considerevole del salario medio.
- I cinesi hanno cominciato a comprare i prodotti che erano soliti produrre, con effetti devastanti per il mercato dei prossimi decenni.
Questi fenomeni porteranno con se grandi opportunità e minacce per noi occidentali. Ritengo fondamentale in quest’ottica sforzarsi di conoscere meglio la Cina e i cinesi che vivono in mezzo a noi ma che spesso sembrano inesistenti. Immagino che un numero sempre maggiore di italiani nei prossimi anni affronterà un viaggio in Cina o si troverà ad interagire con i cinesi per lavoro e mi sembra utile quindi dare alcuni spunti su come capire i loro atteggiamenti ci possa in qualche modo aiutare a superare le diffidenze e ad entrare in sintonia.
In Cina la difficoltà più grande è rappresentata dalla scarsa conoscenza che abbiamo non solo della cultura orientale, e cinese in particolare, ma anche degli atteggiamenti le consuetudini e i gesti di tutti i giorni delle persone.
Ecco quindi sei situazioni cui dovremmo prestare attenzione:
1. “noi vogliamo” versus “io voglio”
In occidente sembra che l’interesse individuale sia la cosa che più conta; in Cina, invece, il bene del gruppo è il valore supremo. Quindi, i cinesi per esprimere i propri desideri usano spesso “Noi vogliamo”, mentre gli occidentali sono abituati a dire “io voglio”.
Consiglio utile non solo per chi conosce già un po’ la lingua e si avventura in una conversazione con un cinese nella sua lingua madre ma anche per chi ci va pensando di cavarsela con l’inglese. Il concetto non cambia comunque. L’atteggiamento dei cinese, che trova una corrispondenza perfetta nell’espressione orale, sembra diametralmente opposto al nostro che parliamo sempre in prima persona.
2. “E’ per il tuo bene”
In occidente, le decisioni che riguardano ciascuna persona richiedono per definizione il consenso dell’interessato, questo per rispettare il (sacrosanto) diritto individuale e la libertà di scelta delle persone. Tuttavia i cinesi sono abituati a pensare diversamente, come se rispondessero ad una coscienza collettiva che noi ignoriamo, e il superiore al lavoro o i genitori possono operare le scelte per conto e in nome del proprio subordinato o dei figli senza chiederne il permesso. Il principio è che chi ha una posizione di responsabilità agisce in base al concetto del “Lo faccio per il tuo bene!” Sembrano infatti possedere un istinto di conservazione che va al di là dell’individuo perché hanno a cuore l’interesse più grande del gruppo e della comunità. Immaginiamo quali e quanti processi avverrebbero da noi se qualcuno operasse una scelta per qualcun altro senza chiederne l’autorizzazione.
3. Ascolta fino in fondo, solo così potrai capire
Ecco un tipico caso cinese: Un dipendente telefona al proprio capo per chiedere un permesso: “Mio figlio è ammalato, oggi non può andare all’asilo. Ho pensato di chiedere alla domestica, ma non l’ho trovata. Ho chiesto ai suoceri ma non stanno bene. Ora, temo di non avere altre soluzioni se non quella di stare a casa a prendermi cura di mio figlio. Posso chiedere un giorno di permesso?” Questa è proprio una caratteristica dei cinesi. E’ assolutamente normale per loro rendere chiaro il senso del discorso, come per esempio manifestare una richiesta, solo alla fine della frase, mentre gli occidentali mettono solitamente l’informazione più importante sempre all’ inizio. Ci sarebbe da discutere su questo punto, anche perché non è sempre vero che siamo così, ma dipende piuttosto dal carattere e dall’indole di ciascuno. Però in questa situazione si nasconde un consiglio molto utile se vogliamo comunicare con i cinesi: quando ascoltiamo dobbiamo avere pazienza e aspettare la fine del discorso per capirne il senso.
4. Quando devi ringraziare non dire “grazie”
Un apparente paradosso che nasconde una lezione di vita. In occidente, anche se riceviamo un favore molto piccolo, siamo soliti esprimere la nostra riconoscenza, ringraziando- o Dio, non è proprio sempre così. In Cina, al contrario, quando la relazione è piuttosto stretta, per esempio tra amici o colleghi, se per ogni situazione diciamo “grazie”, è come se volontariamente volessimo prendere le distanze dall’interlocutore o dal gruppo. Quindi non dobbiamo offenderci se un nostro amico cinese non ci ringrazia. Anzi, quando un cinese veramente dice “grazie” allora può veramente rappresentare un segnale di separazione e distacco.
5. Vietato abbracciarsi
Manifestare i propri sentimenti in pubblico è per noi italiani – e per gli occidentali in genere – cosa abbastanza comune, mentre in Cina è tabù. Non solo tra le persone adulte, ma anche tra amici e famigliari. Non dobbiamo quindi farne una questione di stato se sentiamo dire che un genitore cinese non ha mai abbracciato o baciato il proprio figlio in pubblico.
6. Non aspettarti delle scuse
In Cina ci può capitare di vedere persone che saltano la fila urtando qualcun altro, ed è molto raro che chiedano scusa. Se dovessimo subire un trattamento di questo tipo dobbiamo stare tranquilli e mantenere la calma perché, se è vero che da noi queste situazioni sono considerate molto spiacevoli, in base allo standard di comportamento cinese sono totalmente accettabili. Il motivo è presto detto: la popolazione cinese è così numerosa che le persone fanno di tutto pur di trovare una scorciatoia per ottenere velocemente un vantaggio. La Cina è il paese al mondo con il maggior numero di milionari (350 milioni di persone) ma c’è una grande fetta di popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà. Per questi ogni perdita di tempo può quindi rappresentare un danno da mancato guadagno nel vero senso della parola.
Al di là degli aspetti goliardici delle situazioni che ho descritto dobbiamo riconoscere che dimostrano quanto siamo lontani in termini culturali dalla Cina. Tuttavia, sia la crescente rilevanza del paese del Sol Levante nel contesto economico mondiale sia la presenza massiccia dei cinesi in Italia impongono una riflessione e la necessità di conoscere di più alcuni tratti caratteristici del loro modo di fare. Nella comunicazione interculturale, dobbiamo essere in grado di gestire queste sottili differenze, cosa talvolta non facile.
Arrivati in Cina, insomma, dobbiamo adattarci alla cultura cinese, proprio come insegna il proverbio, “paese che vai usanze che trovi”. Ma in questo caso, forse, sembra più azzeccato il corrispondente detto inglese: “When in Rome do as the Romans do” ovvero “Se sei a Roma fai come fanno i romani”.
Da qualche anno sto studiando il cinese e sto imparando a comprendere la cultura di questo paese. Sono stato in Cina nel 2009 e ho anche un nome cinese (牛飞).
Come sempre opinioni e commenti sono benvenuti.