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L’industria USA e i sogni dei baby boomers

Ideati nuovi prodotti per la generazione dei consumi. A lato un trike, moto con due ruote posteriori.

Harley-Davidson, icona indiscussa per le generazioni del dopoguerra ha iniziato a perdere il lustro che la caratterizzava: in America i figli del «baby boom» — l’era di alta natalità seguita alla fine del conflitto mondiale ed esauritasi nel ’64, quando la dimensione della famiglia media è tornata a ridursi — continuano ad adorare questi esemplari ma, superati i 50 anni, con gli acciacchi dell’età che cominciano a farsi sentire, faticano a guidare una moto pesantissima e con sospensioni molto dure.
Ecco che l’azienda madre rompe gli indugi: ha deciso di offrire ai suoi clienti anche la Harley Trike, una Harley Davidson trasformata in triciclo: meno affascinante ma più stabile e confortevole.Questo è solo un esempio del trend intrapreso dell’industria americana alla conquista dell’ambito mercato dei «baby boomers». Un tempo gli esperti di marketing concentravano tutti i loro sforzi sui giovani: quando un consumatore superava i 50 anni diventava un obiettivo marginale delle campagne pubblicitarie.


Ma attenzione, nei soli Stati Uniti i nati tra il 1946 e il ’64 sono 78 milioni e rappresentano la generazione più numerosa, più ricca e con le più lunghe aspettative di sopravvivenza della storia.E’ la generazione che, soprattutto, non si accontenta, è la generazione che ha creato la cultura dei consumi: sono i ragazzi che all’inizio degli anni ’60 videro in tv i primi «hula-hoop» e li chiesero ai loro genitori; per decenni si sono rifiutati di crescere, ora rifiutano di invecchiare. Come possono le industrie astenersi da un target tanto appetibile? Rappresentano il consumatore ideale: tasche piene, voglia di comprare e gusti stabili!Bisogna però considerare che questi consumatori vogliono prodotti pratici ma con un tocco di fantasia e sono anche un po’… “suscettibili” , guai a presentare un’auto, un elettrodomestico o un pezzo di arredamento come un prodotto «su misura» per la terza età.
Guardiamo le auto: le industrie stanno mettendo sul mercato automobili con gli sportelli sempre più larghi, con i numeri degli strumenti di bordo sempre più grandi e luminosi, proprio per favorire l’accesso di cinquantenni e sessantenni; ma guai a dirlo esplicitamente!
La Ford ha addirittura inventato una «tuta della terza età». Chi la indossa si muove con più difficoltà e viene consegnata ai progettisti che si mettono «nei panni» dei guidatori più anziani e cercano così di risolvere i loro problemi.
L’auto è il settore in cui si concentrano gli sforzi maggiori. Comprensibile considerando che l’americano medio nella sua vita cambia 13 vetture, 7 delle quali vengono acquistate dopo che ha compiuto i 50 anni. Anche i produttori di elettrodomestici stanno studiano lavatrici e lavastoviglie, più facili da riempire e svuotare e, nel campo alimentare, la Kellogg è riuscita ad aumentare del 48% in un solo anno le vendite dei cereali della linea «Smart Start» pubblicizzandoli come ricchi di antiossidanti e proteine di soia, sostanze che vengono spesso presentate dai nutrizionisti come l’elisir per una lunghissima giovinezza; ancora. la Procter Gamble ha «richiamato in servizio» la supermodella 52enne Christie Brinkley per cercare di imporre anche tra le signore di mezza età i cosmetici della linea «Cover Girl».Presto questi 78 milioni di americani cominceranno ad andare in pensione: un evento che avrà dimensioni bibliche, sia come fenomeno sociale, sia per le sue conseguenze economiche.E in Italia, si può dire che ci stiamo muovendo nella stessa direzione?Certo, considerando il raffreddamento del tasso di natalità e l’allungamento della vita media è facile pensare che le aziende, anche italiane, non tarderanno a cavalcare l’onda.

Ilaria Paparella per marketingarena

 
 
AUTORE

Ilaria Paparella

 
 

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