Il tema della dematerializzazione dei contenuti e dell’importanza dell’immateriale l’ho sentito, credo, in tutte le versioni possibili, ed è un tema sul quale vale la pena scrivere e leggere libri interi per cui non vi ripropongo nulla di tutto ciò, e vi rinvio alla lettura di persone più autorevoli per farvi un’idea, se vi interessa ovviamente… quello che voglio proporvi invece è una riflessione che riguarda il tema ma da un punto di vista di marketing e, sostanzialmente, diverso dal solito: se date un occhiata al mercato dei prodotti tradizionali si vede con chiarezza quanti siano gli operatori che cercano in tutti i modi di entrare nel circolo dell’immateriale; sembra quasi di sentir dire “non possiamo non proporre anche noi dei contenuti virtuali!”, anche a scapito dell’immagine.
Se avete fatto dei giri per negozi e altro avrete notato che ormai vi allegano ovunque un cd, un pin, un numero da cui scaricare il logo del vostro detersivo preferito! La mia è ovviamente una battuta, ma effettivamente sono molti gli attori del mercato che lavorano in questo senso, offrendo spesso combinazioni al limite del sensato, almeno a parere personale, pur di vendere il prodotto o pur di stare al passo con i tempi… la mia critica è breve: forse per alcuni di questi prodotti ha anche un senso tutto ciò, ma per la maggior parte forse sono delle forzature e mi chiedo se veramente funzionano e attirano la clientela, perché è a quello che servono no?
Non mi piace questo modo di fare promozione, da buon difensore del virtuale credo che la strategia migliore da fare off-line debba essere tanto creativa, diversificata e innovativa di quella perseguita on-line: è indubbiamente più difficile, ma in un contesto come quello attuale, così complesso e dinamico, si devono premiare i manager della creatività e dell’innovazione, si deve considerare vincitore chi crea qualcosa off-line che sia in sintonia con il mondo di internet e abbia cercato, nei limiti del possibile, di fondere le due cose, rincorrendo magari a processi dinamici e molto variabili e interagendo con i propri consumatori.
Non credete che adottare approcci poco sofisticati all’innovazione possa essere controproducente perché comporta dei costi magari non indifferenti e non sempre può dare dei risultati concreti? Servirebbero dei dati per rispondere probabilmente, tuttavia a pelle forse la risposta è ovvia.
Stefano Guerra