Lo spunto per questo post mi è venuto dopo aver letto un articolo, di cui vi riporto le prime righe:
“La pubblicità comparativa può riguardare non solo singoli prodotti ma anche interi assortimenti. La Corte di giustizia delle Comunità europee, con la sentenza emessa nella causa C-356/04, depositata ieri, allarga ancora il raggio d’azione di spot e messaggi basati sul confronto dei beni di consumo.” Da il Sole 24ore del 20/09/06.
La legge tende sempre più a permettere la pubblicità comparativa. Ma non se ne vede molta, neppure nei paesi in cui è permessa da molto tempo.
L’argomento è molto dibattuto e forse merita un breve approfondimento.
In linea di principio, una corretta comparazione è legittima, se il nostro prodotto ha un vantaggio rilevante e oggettivamente documentabile.
In pratica la comparazione può essere molto pericolosa: una “lite da lavandaie” fra due marche, con elencazione di vantaggi tecnici più o meno irrilevanti per il consumatore, può facilmente degradare l’immagine di un’intera categoria.
Conviene pensare tre volte prima di citare la marca di un concorrente; potremmo fargli un grosso favore (per il solo fatto di prenderlo a paragone).
Talvolta la comparazione è uno strumento utile per la marca più debole, che confrontandosi con quella più affermata cerca di mettersi sullo stesso piano. Uno degli esempi più evidenti è il caso della Pepsi-Cola, che nel ruolo storico di “sfidante” per molti anni ha attaccato direttamente la Coca-Cola; mentre la marca tradizionalmente più affermata non ha mai fatto il contrario (o meglio, nei rari casi in cui l’ha fatto ne ha subito un danno).
Un richiamo alla legge in vigore può essere d’aiuto: La pubblicità comparativa è stata introdotta in Italia dal DLgs25 febbraio 2000 n.67 (pubblicato nella GU n72 del 27/03/00), il quale dà attuazione alla direttiva 97/55/CE che modifica la Direttiva 84/450/CE in materia di pubblicità ingannevole.
Per pubblicità comparativa si intende qualsiasi pubblicità che identifica in modo esplicito o implicito un concorrente o beni o servizi offerti da un concorrente. Per quanto riguarda il confronto, la pubblicità comparativa è lecita se sono soddisfatte le seguenti condizioni:
a) non è ingannevole;
b) confronta beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi;
c) confronta oggettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni e servizi;
d) non ingenera confusione sul mercato fra l’operatore pubblicitario ed un concorrente o tra i marchi, le denominazioni commerciali, altri segni distintivi, i beni o i servizi dell’operatore pubblicitario e quelli di un concorrente;
e) non causa discredito o denigrazione di marchi, denominazioni commerciali, altri segni distintivi, beni, servizi, attività o circostanze di un concorrente;
f) per i prodotti recanti denominazione di origine, si riferisce in ogni caso a prodotti aventi la stessa denominazione;
g) non trae indebitamente vantaggio dalla notorietà connessa al marchio, alla denominazione commerciale o a altro segno distintivo di un concorrente o alle denominazioni di origine di prodotti concorrenti;
h) non presenta un bene o un servizio come imitazione o contraffazione di beni o servizi protetti da un marchio o da una denominazione commerciale depositati.
Il requisito della verificabilità si intende soddisfatto quando i dati addotti ad illustrazione della caratteristica del bene o servizio pubblicizzato sono suscettibili di dimostrazione.
Tipologie di pubblicità comparativa:
• Diretta: nella quale il prodotto concorrente viene individuato in modo palese, o comunque riconoscibile attraverso espliciti riferimenti citandone, ad esempio, il nome o il marchio, e comparazione
• Indiretta nella quale è desumibile, anche indirettamente, un riferimento non ad un singolo prodotto bensì ad una classe di prodotti concorrenti non specificatamente individuati (“il tuo solito dentifricio”)
Come funziona in pratica:
1. il prodotto è posto a confronto con due, o più, prodotti ( o servizi) concorrenti espressamente nominati (pubblicità comparativa esplicita) o facilmente riconoscibili (pubblicità comparativa implicita);
2. la comparazione è basata su uno o più attributi del bene o servizio;
3. viene dichiarato che sono state raccolte dimostrazioni effettive, basate su ricerche svolte internamente o su test effettuati da organismi indipendenti alla base delle dichiarazioni (generalmente, ma non necessariamente, di superiorità) del prodotto.
Obiettivi e vantaggi:
Differenziazione: evidenziare gli attributi distintivi del proprio prodotto, differenziandolo da quelli concorrenti o dimostrandone la superiorità. Diminuire la confusione tra le marche esistenti sul mercato ed esaltare i benefici peculiari della propria.
Risposta all’ondata di campagne pubblicitarie a forte contenuto emozionale, ma a scarso contenuto informativo, riguardo ai benefici del prodotto.
Nella comunicazione tradizionale, il consumatore rimane colpito dalla pubblicità in sé, ma non ne riceve informazioni sufficienti a giudicare se il prodotto gli è in qualche modo utile, necessario e soprattutto accessibile. La validità di quest’ultima è fortemente dipendente dalla veridicità, oggettività e completezza delle informazioni.
Associazione: sfruttare la notorietà delle marche altrui, al fine di generare un atteggiamento positivo e una certa fiducia verso la propria marca; usata dunque per prodotti con piccola quota di mercato, o in fase di lancio, paragonati con marche già note,in cui non vengono generalmente confrontati gli attributi distintivi, bensì quelli posseduti da entrambe le marche, esaltando non tanto, o non solo, la superiorità quanto anche i tratti comuni
I paesi che l’accettano – Danimarca, Francia, Irlanda, Spagna, Svezia, Gran Bretagna e Olanda, USA- lo fanno perché ritengono:
• positiva per i consumatori, un momento di trasparenza e di apertura delle imprese verso il mercato, grazie alla diffusione di un maggior numero di informazioni e attraverso la divulgazione di messaggi contenenti dati oggettivi e controllabili;
• stimolante per la concorrenza, con benefici diretti per i consumatori.
Fonte (http://www.aiccon.it/ – presentazione del 10/03/05)
La mia riflessione, alla luce di quanto riportato sopra, è questa: ha senso parlare di pubblicità comparativa (stile tele2 ad esempio), proprio adesso che si parla di consumatore intelligente, che non fa un acquisto se non in possesso di informazioni importanti e complete che lo portano, talvolta, a sentirsi offeso di fronte a venditori che lo reputano ignorante? Oggi internet fornisce i mezzi per la comparazione dei prezzi e quant’altro…come cambia o come può cambiare la strategia pubblicitaria (comparativa) delle varie aziende? Pensate che quella frase di Amendola che suonava tipo “con 3 parlate gratis, non come…” sia stata veramente efficace e, soprattutto, esaustiva e ricca di informazioni per lo sveglio consumatore? Ma per favore! Come minimo uno va a vedere le caratteristiche complete del servizio offerto, no?