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La differenza tra comunicazione e innovazione

In un momento in cui tutti hanno listato i buoni propositi mi vergogno a scrivere un post sul tema. Il titolo di questo articolo sarebbe stato “dove porteremo le PMI nel 2014” ma mi sembrava banale e stancante. Proviamo quindi ad aggirare l’ostacolo ragionando su uno dei punti focali per il futuro del nostro mestiere, almeno secondo noi: la differenza tra comunicazione e innovazione. Il risultato degli investimenti nel digitale delle aziende è spesso frutto di un mix di tre fattori:

  • Il bisogno percepito, che spesso si traduce in “ho sentito alla televisione che l’e-commerce ha grandi potenzialità, apriamo un e-commerce
  • Agenzie e consulenti hanno ancora un peso nelle aziende, quindi spesso consigliano strategie non del tutto slegate dai propri interessi (ho in casa uno sviluppatore wordpress, quindi il tuo sito si fa in wordpress) o con meno malizia dalle proprie competenze (sono un consulente seo quindi il tuo problema si risolve solo con la seo)
  • il budget a disposizione e l’incertezza del mercato: le aziende per natura poco propense a vedere il lungo periodo, in questo momento storico “il risultato domani” è quello che conta

Tutto questo è ovviamente difficile e fuorviante per chi si propone di aiutare le aziende a sviluppare un percorso di marketing digitale. Anche per colpa dei consulenti stessi, come detto al punto due. C’è un però che ultimamente va sempre più manifestandosi nei rapporti con le aziende, che a parere di chi scrive risiede nella mal percepita differenza tra comunicazione e innovazione. Crediamo che il futuro delle aziende italiane di successo risieda nell’innovazione di prodotto, distributiva e nel design di nuovi modelli di business e di rapporto con la clientela. Servizi che operativamente si traducono in co-design, formazione, e-commerce, crm, social crm e analisi dei dati. Molte aziende chiedono, e molti operatori propongono, social media marketing, seo, advertising e sviluppo web. Possono sembrare due tipologie di servizi totalmente diversi, invece non è così. Un hotel che vuole “disintermediare” può farlo in diversi modi, così come un’azienda B2B che vuole vendere di più o un protagonista del fashion che vuole aprire nuovi mercati. L’unica cosa di cui siamo certi è che Facebook senza la spinta dell’advertising non fa vendere direttamente. Il ROI quindi va ricercato nel social caring, nel web marketing e nella content strategy di lungo periodo. La comunicazione digitale social serve in due momenti: all’inizio per “defibrillare il morto” e cominciare un lavoro di identità digitale e ascolto della rete “al vivo”, e dopo aver gestito i processi di cui sopra (di co-design, di sviluppo di un e-commerce o altro) per spingere le vendite o il brand.

Il concetto che intendo esprimere è che alle aziende il social marketing non basta, almeno alle pmi, e forse neanche il web marketing. In tempi di vacche magre l’ufficio marketing è di solito composto da un commerciale che presta tempo all’organizzazione delle fiere, una segreteria di direzione e un referente, spesso junior, per la comunicazione. Parliamo di aziende che fatturano tra i 20 e i 50 milioni di euro, e crescono. Queste realtà hanno bisogno di essere accompagnare lungo un percorso complesso che non passa solo da facebook, e non dura 6 mesi. È li che voglio portare la realtà che dirigo, ma è anche li che credo dovremmo andare tutti se davvero vogliamo trovare quei risultati fattivi, operativi e misurabili che promettiamo al primo appuntamento. Una sfida, ma esserne consci è probabilmente il primo passo.

 
 
AUTORE

Giorgio Soffiato

Markettaro per passione, dal 1983. Mente creativa e progettuale dell'azienda, fa chilometri e supera ostacoli in nome della rivoluzione arancione chiamata Marketing Arena. Cavallo Pazzo.
 
 

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