HomeBlogMarketing e ComunicazioneI confini della socializzazione: non tutto si può condividere

I confini della socializzazione: non tutto si può condividere

L’era della socialità 2.0 ha portato con sé molti vantaggi sia per le persone sia per le aziende:

  • maggiore visibilità
  • maggiore condivisione di informazioni
  • maggiore velocità di condivisione

La dinamiche psicologiche che sottostanno a questi sistemi però sono più difficili da osservare e sarà quello che tratteremo in questo articolo.
Ogni social network rappresenta una vera e propria comunità, con tutte le logiche tipiche di una comunità reale di persone. Uno studio recentemente pubblicato sull’International Journal of Social Network Mining dimostra che la maggior parte degli utenti di Facebook ha poche connessioni e solo una bassa percentuale ha un elevato numero di connessioni. Questo risultato rispecchia effettivamente la situazione reale, se pensiamo alla nostra cerchia di amici con i quali il più frequentemente ci relazioniamo, difficilmente riusciremo a superare il centinaio.
Emilio Ferrara, docente presso il Dipartimento di matematica all’Università di Messina, ha infatti elaborato negli scorsi mesi un algoritmo che gli ha permesso di analizzare la struttura dei social network.

Dalla sua ricerca è emerso che Facebook possiede tre proprietà tipiche di tutti i sistemi presenti in natura:

  • 6 gradi di separazione, la distanza tra 1 nodo di una rete con tutti gli altri membri attraverso un numero di connessioni, nel caso di facebook si parla di amici in comune;
  • limiti della connessione, la maggior parte degli utenti mantiene relazioni stabili e durature con un numero limitato di contatti;
  • comunità, insieme delle interazioni generate dai membri di un sistema

Ferrara non è il solo a considerare Facebook una comunità, Thurner arriva alle stesse conclusioni dopo aver creato un gioco virtuale e averne osservato le dinamiche. Per il suo esperimento egli crea un gioco virtuale nel quale non ci sono regole e gli utenti , una volta creato il loro avatar con le caratteristiche che più preferiscono, gestiscono autonomamente le connessioni che possono avvenire all’interno.Analizzando le dinamiche di gioco egli osserva che non c’è anarchia poiché i partecipanti, anche in assenza di regole, si organizza come gruppo con buone intenzionalità, mettendo in atto cioè comportamenti proattivi/positivi finalizzati al mantenimento del gruppo e non alla sua distruzione.

Thurner sostiene inoltre la teoria sul “limite di relazione” di Ferrara, infatti nel suo studio recentemente pubblicato su Plos One afferma che è umanamente impossibile mantenere un elevato numero di relazioni. Ci sono dei limiti dettati dal nostro sistema cognitivo nel mantenere e gestire rapporti duraturi e costanti con più di 150 persone. Tale limite viene chiamato anche Dunbar’s number ed è un limite (teorico) che stabilisce un limite cognitivo nel mantenere stabili relazioni sociali quando superano il centinaio.
Questi studi dimostrano che nonostante i nostri contatti siano elevati e possano anche superare i 150, il numero di persone con cui effettivamente più spesso entriamo in contatto per condividere contenuti è assai più limitato; anzi nella maggior parte dei casi le persone con cui più interagiamo nell’ambiente virtuale sono quelle con cui più spesso interagiamo nell’ambiente reale.
I social network hanno bisogno di vicinanza: geografica e di interessi.
Questo significa che la condivisione delle informazioni seppur gratuita ha un prezzo: deve essere veicolata da utenti che possano effettivamente condividerla.

Credit for Image: Faceblog

 
 
AUTORE

Ilaria Incao

Comunicare, creare ed inventare sono sempre state delle passioni, ma ora sono diventate la mia professione. Mi occupo di design della comunicazione, dedicandomi a progetti che spaziano dalla grafica al web design.
 
 

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