Siamo in estate, perciò vogliamo consigliarvi un buon libro da leggere a casa o sotto l’ombrellone. Stiamo parlando di “Lettere da un sistema mai nato”, una novità editoriale della casa editrice Marsilio, scritto da Alessandra Carini. Nata a Roma, Alessandra Carini ha lavorato per “Panorama”, “il Mondo”, “La Repubblica”; è stata condirettore di “Nuova Venezia” fino al 2005 e oggi è inviata nel nord-est per “L’Espresso”. L’autrice, che ben conosce la zona d’Italia del Triveneto, si interroga sul modello di sviluppo economico del nord-est , criticandone il disegno organizzativo.
Veneto e Friuli Venezia Giulia hanno dato per lungo tempo un’immagine di sviluppo impetuoso, di vitalità produttiva particolare e quasi inimitabile, fondata su piccole e medie aziende a conduzione spesso “padronale”, incentrate sulla produzione di qualità, particolarmente propense all’export, all’innovazione, all’iniziativa imprenditoriale anche rischiosa.

In seguito a un periodo roseo, in tempi recenti c’è stata una flessione importante, innescata dalle difficoltà del settore chimico. A rendere complicata la situazione imprenditoriale si inserisce anche la concorrenza cinese sui prodotti tessili in generale. Secondo la Carini, il Triveneto è il risultato quindi di un mero aggregato di piccole e medie imprese mature che però non hanno sviluppato un modello comune. Hanno fatto un ampio uso del “sommerso”, delle svalutazioni della lira e dell’evasione fiscale senza tuttavia innestarsi in un disegno politico unitario, che diventa l’elemento assente che ha determinato la crisi.

La Carini prosegue sottolineando che oggi è in corso una sorta di rinascita del Triveneto, che perseguita a voler occupare un ruolo importante nella produttività italiana. Il Rapporto 2007 sul Triveneto mostra un Pil in crescita. E’ ancora una ripresa a macchie, non omogenea, ma apparentemente solida, che però porta con sé dei difetti: il Triveneto è chiuso, non coopera con le altre regioni italiane: le vede come avversarie anziché come potenziali partners. Insomma, rimane snobisticamente in una posizione sopraelevata rispetto alle altre regioni, con cui non si apre e non scambia risorse.

Siete d’accordo con le tesi della Carini? Il distretto industriale è un modello sufficiente, che si sussiste da solo (a prescindere dalle politiche comuni adottabili), oppure si avverte un’assenza di una strategia a più ampio respiro, che inevitabilmente blocca lo sviluppo di questa intraprendente zona d’Italia?
In ogni caso, vi invito all’acquisto del libro: tema interessante e attuale, costo abbordabile (5 euro).

Luca Crivellaro