
La sua prima mossa perciò è quella di parlare con le banche, chiedendo l’apertura degli sportelli ai poveri, ma ottiene solo rifiuti e infine, con molta fatica, 300 dollari. Da questi pochi soldi avvia l’attività di prestito, notando immediatamente come sia privo di problemi il ritorno del credito: richiede infatti versamenti settimanali di pochi centesimi. Due anni dopo, convince infine il governo ad aprire la prima banca etica.
Siamo di fronte a casi di microcredito: vengono prestate cifre anche attorno ai 25 dollari, il più delle volte utilizzate per la riparazione di macchinari semplici, l’acquisto di mangimi o materie prime. La banca deve comunque ottenere delle garanzie, che non sono però patrimoniali ma personali: Il credito viene erogato soltanto a gruppi, costituiti da un numero di persone che va da cinque a otto. Il denaro viene distribuito a rotazione, iniziando dal componente del gruppo più bisognoso; appena questo ha restituito il prestito si può passare al secondo, e così via. La responsabilità del gruppo è solidale, e questo ha finora garantito un tasso di sofferenze inferiore all’1%, molto più basso di quello registrato dagli altri istituti di credito del Bangladesh.
Molti criticavano il modello: non sarebbe mai potuto sostenersi; avrebbe presto raggiunto il fallimento. Invece ecco alcuni risultati:
– Da analisi rigorose, più della metà dei clienti di Grameen Bank (in bengalese, “banca del villaggio”) entro 5 anni sono usciti dalla situazione di povertà.
– La Grameen Bank oggi ha 1.084 filiali in cui lavorano 12.500 persone. I clienti, sparsi in 37.000 villaggi, sono 2.100.000, per il 94 % donne (per questo la banca fu fortemente ostacolata dalle autorità religiosa). L’organizzazione non è in perdita, nonostante alcuni momenti di difficoltà (causa inondazioni nel paese): il 98 % dei prestiti viene restituito. (wikipedia).
– L’istituto di credito ha circa 2.000 miliardi di raccolta, di cui ben 1.500 impiegati in prestiti.
Nel 2006, è stato attribuito a Muhammed Yunus il premio Nobel per la pace.
Uno sviluppo sostenibile, che vada di pari passo con la crescita del paese (stimolata dal basso) e che sostenga la comunità non è sempre un miraggio.
Luca Crivellaro per Marketingarena