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Startup 2.0: le modifiche del decreto lavoro


A distanza di qualche mese le tanto decantate start-up innovative sono già state oggetto di revisione per mano del governo attraverso il “secondo” Decreto Lavoro 76/2013 (il primo fu quello della c.d. “Riforma Fornero”).

Senza alcun dubbio le start up innovative si presentavano come un valido strumento per rilanciare lo sviluppo tecnologico del paese puntando sull’innovazione e la classe imprenditoriale giovanile. Ma se in meno di un anno sono già state varate delle modifiche, evidentemente, qualcosa poteva e doveva essere migliorato.

Gli attuali interventi garantiscono una maggiore flessibilità in entrata, ovvero, vengono limati quei paletti che restringono le condizioni d’accesso per beneficiare del requisito di start up innovativa:

  • una riduzione dal 20% al 15% dell’ammontare delle spese di ricerca e sviluppo sostenuta dalla start up;
  • il requisito del personale altamente qualificato ora può ritenersi soddisfatto anche in presenza di dipendenti e collaboratori in misura pari ad almeno due terzi del personale complessivo che siano in possesso di laurea magistrale;
  • per ciò che attiene la privativa industriale, il DL 76/2013 ha aggiunto i diritti relativi ad un programma per elaboratore originario, registrato presso il registro pubblico.

Resta il dubbio se queste misure siano in grado di risolvere il noto problema del ritardo tecnologico di un’italia il cui cammino verso l’innovazione e il digitale, in meno di 12 mesi, ha già dovuto ricorrere ad interventi di restauro.

Lo stesso decreto ha apportato delle novità anche per quanto riguarda le “cugine” delle società a responsabilità limitata, le s.r.l. a capitale ridotto e le s.r.l. semplificate.
Mentre le prime sono state abrogate, ovvero soppresse, con la conseguenza che quelle già costituite verranno riconosciute come s.r.l. semplificate, le seconde hanno beneficiato di alcune importanti novità, tra cui, degne di nota, l’abolizione del limite di età di 35 anni e la possibilità di nominare amministratore della società anche soggetti esterni alla campagine sociale, restano invece invariati gli altri tratti caratteristici.

Senza alcun dubbio sono interventi importanti che agevolano le condizioni d’accesso ma non sarebbe stato meglio operare anche in un’altra direzione? Mi spiego meglio, perché non aumentare i benefits a favore di chi investe fondi e capitali in queste società? Il Decreto interviene soltanto parzialmente senza modificare le agevolazioni fiscali per i soggetti che apportano capitali. È stato fatto un passo in avanti, ma come al solito si può fare di più e meglio.

Credito immagine: vocearancio.ingdirect.it

 
 
AUTORE

Alberto Liviero

Dottore Commercialista ed Esperto Contabile, iscritto all’o.d.c.e.c. di Rovigo, laureato in Economia Az. Management e Professioni presso l’Università degli studi di Ferrara. La mia formazione professionale si caratterizza per lo studio di tematiche fiscali, societarie e contabili ma l’esigenza di ampliare le mie competenze mi sta portando ad esplorare rami dell’economia, quali marketing e pianificazione e controllo strategico, fino ad ora non approfonditi durante il percorso di studi.
 
 

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