2.7 miliardi di dollari per 470.000 progetti su oltre 800 piattaforme di crowdfunding in tutto il mondo nel 2012. Questi i dati dell’analisi di Robin Teigland, Associate Professor della Stockholm School of Economics, presentata lo scorso ottobre al convegno “Crowdfunding nuove opportunità in Italia e nel mondo” al Salone della CSR in Bocconi. Durante lo stesso evento Paola Peretti, Presidente di Crazy4Digital Marketing, insieme alla sociologa Ivana Pais, ha presentato la prima ricerca in ambito crowdfunding focalizzata sulla realtà italiana dalla quale è emerso che le piattaforme attive in Italia sono già circa 40.
Come sappiamo il crowdfunding prevede il “finanziamento partecipativo dal basso” ovvero attraverso il contributo di molti con piccole somme raccolte durante un determinato periodo. I progetti finanziati sono di diversa natura e genere, basta fare un veloce giro su piattaforme quali Indiegogo e Kepipal per rendersene conto. Ma due sono le componenti interessanti che si intrecciano con il tema crowdfunding, la cui evidenza emerge proprio dalle ricerche dalle quali siamo partiti, e sulle quali focalizzare l’attenzione: la CAUSA alla quale è dedicato il progetto e l’investimento in marketing e SOCIAL MEDIA.
Investimento in termini di tempo, volontariato e dedizione dal momento che, essendo lo scopo del crowdfunding ottenere finanziamenti, sarebbe difficile ipotizzare un budget iniziale per queste attività. Robin Teigland afferma che in molti casi la scelta della piattaforma pesa per un 8% sulla riuscita del progetto a fronte del 20% delle attività sui social media. Ecco, quindi, come ritorna l’importanza e la centralità della causa che deve essere forte al punto di coinvolgere le persone, fra le quali magari anche dei professionisti del marketing che possono aiutare nel dare un primo “imprinting” alla campagna digital, o per lo meno in alcune linee guida generali sugli strumenti da scegliere e le modalità di interazione. Sempre la causa fornirà contenuti forti per lo sviluppo del piano editoriale e favorirà il raggiungimento dell’obiettivo ultimo, cioè della condivisione, elemento di successo per un progetto di finanziamento che nasce e si muove in rete.
So che ve lo starete tutti domandando, e allora vi anticipo, e il ROI? Perché ci insegnano che oggi c’è e ci deve essere sempre un ROI per tutto, giusto. Allora, quale è il ROI per chi partecipa a progetti di questo tipo? In linea generale il ROI è la generazione di valore che deriva dal partecipare alla creazione di qualcosa di innovativo/diverso/speciale di cui si potrà fruire: qualsiasi sia il grado di coinvolgimento con il quale si entra in gioco, il progetto sarà sempre “un po’ tuo” e il beneficio che porterà alla collettività sarà “anche tuo merito”. Certo, bisogna fare una chiara specifica e distinzione: tutto dipende dalla causa che si sostiene. Ma che sia l’ospedale in zona di guerra, il supporto al business del paese (interessante a tal proposito la riflessione di Chance Barnett su Forbes “Crowdfunding’s Future: Local Online Ecosystem”), una mostra fotografica o un film in cooproduzione, sarà sempre qualcosa nato dalla condivisione.
Emerge con predominanza da una ricerca di Massolution del 2013 che le Social Causes siano per il 27.4% quelle maggiormente finanziate, seguite da Business e Entrepreneurship 16.9% e Film e Performing Arts 11.9%.
Fonte: Elaborazione di Robin Teigland, dati di Massolution, 2013
Anche dalla ricerca di Peretti e Pais sulla realtà italiana si evince che ciò che fa “muovere” realmente le persone è la forza della causa da finanziare, del progetto e dell’idea che ne sta alla base. Concretezza, risolutezza e trasparenza sono premianti, insieme alla fattiva possibilità di vedere realizzarsi il progetto e di seguirne lo sviluppo. Non dimentichiamoci che insieme al crowdfunding è in forte sviluppo anche il personal fundraisign che sempre di più mette al centro la persona, ambassador per un progetto solidale, come spiega efficacemente Valeria Vitali di Rete del Dono in questa intervista a Simone Moriconi.
E i social media? Il loro ruolo è abbastanza intuitivo dal momento che il crowdfunding fonda il suo successo sulla rete di relazioni fra persone: in questi termini i social media, attraverso la possibilità di condivisione di contenuti e sempre più di emozioni-situazioni-idee (microcontent and emotional sharing) diventano “disruptive” per la riuscita o meno di una campagna.
Il Crowdfunding oggi deve essere visto come un fenomeno in evoluzione (consideriamo la realtà locale n.d.r) e espansione, che trova nei social media degli alleati imprescindibili perché lo scopo ultimo è finanziare una causa, in modo condiviso e facendo leva sulle relazioni. Il terzo settore, stando anche alle evidenze delle ricerche citate, deve sicuramente ripensare in modo strategico alle nuove opportunità che si aprono, e a tal proposito concludo con un esempio a tema natalizio che vuole essere anche un’ispirazione: sotto le festività le aziende sono solite dedicarsi alla scelta di regali per i propri dipendenti e in molti casi – per fortuna! – preferiscono opzioni di tipo CSR.
Il terzo settore propone da anni valide idee: Unicef con tradizionali gadget natalizi similmente a Save the children e Cesvi, Action Aid con le e-card come Telethon, ma oltre ai “giganti” del non profit ecco un piccolo, ma importantissimo, progetto di crowdfunding a sostegno di bambini non vedenti che ha pensato anche alle aziende: Christmas Melodies. Sì lo so, sono in palese conflitto di interessi visto che conosco personalmente Sergio, Cristian e Andrea, i ricercatori che hanno già sviluppato la prima app per bambini non vedenti, ma proprio per questo posso garantire sulla serietà del progetto…se no tutto il discorso sui social media di cui sopra? Siate buoni, che presto è Natale 😉