Proprio mentre metabolizziamo termini come social network e web 2.0 il mastodonte ulula richiamandoci all’ordine.. si tratta dell’informatica aziendale e del suo jolly, ancora tutto da giocare in un mondo in cui la pubblicità ed il marketing stanno ballando a suon di innovazioni di prodotto, servizio e concetto. Da qualche anno si parla, timidamente, di cloud computing:
In informatica, con il termine cloud computing si intende un insieme di tecnologie informatiche che permettono l’utilizzo di risorse (storage, CPU) distribuite.
La caratteristica principale di tale approccio è di rendere disponibili all’utilizzatore tali risorse come se fossero implementate da sistemi (server o periferiche personali) “standard”. L’implementazione effettiva delle risorse non è definita in modo dettagliato; anzi l’idea è proprio che l’implementazione sia un insieme eterogeneo e distribuito – the cloud, in inglese nuvola – di risorse le cui caratteristiche non sono note all’utilizzatore.
Il termine cloud computing si differenzia da grid computing che è un paradigma orientato al calcolo distribuito, e in generale, richiede che le applicazioni siano progettate in modo specifico
e software as service:
Software as a service (SaaS) è un modello di distribuzione del software applicativo dove un produttore di software sviluppa, opera (direttamente o tramite terze parti) e gestisce un’applicazione web che mette a disposizione dei propri clienti via internet. Il concetto di “software as a service” ha iniziato a circolare nel 2000 ed è associato principalmente al saggio di Tim O’Reilly su “The Open Source Paradigm Shift”[1] così come a marchi come WebEx Communications e Remote Business
Ringrazio wikipedia per le definizioni. La tematica è super interessante e include poche certezze e molti dubbi, analizzando 3 tipi di approccio potremmo dire che:
si può vendere il software spostandolo dall’azienda al data center (Microsoft)
si può vendere il software facendo in modo che occupi banda in modo da vendere connessioni e banda (Telecom)
si può regalare il software vendendo pubblicità (Google)
Tra le poche certezze che abbiamo c’è il modello di pagamento a canone e la convinzione che questo giochino abbia potenzialità enormi, tra i molti dubbi citerei sicurezza, personalizzazione e formazione. Prima di spostare preziosi dati aziendali le imprese ci pensano due volte e vogliono saperne di più su quei validissimi data center, spesso inoltre il software viene installato in remoto ed è pronto! Ma chi lo sa usare? Documentazione e manualistica sono assenti, cosi come un supporto on line che non si rivela assolutamente all’altezza del tool messo a disposizione. Infine si ha la sensazione di essere chiusi in una Ferrari ai 300 all’ora, senza la possibilità di frenare e sterzare, la personalizzazione è infatti possibile, ma solo entro certi limiti.
Vorrei lanciare un tip ai piani alti: crm, erp, backup sono applicazioni favolose se proposte con questo nuovo modello, prima di gettarle in pasto al mercato però spendete 24 ore in una pmi italiana (il vero target di queste iniziative) e ripensate con l’umiltà del caso anche quelle leve “di introduzione” che faranno la differenza..