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Token Sociali che? The Crypto-Creator Economy Cocktail

Token Sociali? Token che?

Ecco.

Questa è stata la mia reazione quando, durante il mio momento “breakfast news” del sabato mattina, mi sono imbattuto in un interessante articolo dell’Internazionale. In nove brillanti minuti lettura, Rex Woodbury, investitore ed articolista per l’Atlantic, raccontava dell’incredibile storia di Alex Masmej.

E chi sarebbe ‘sto Masmej? Domanda lecita.

Alex Masmej è co-founder e CEO di Showtime, una piattaforma di social networking per artisti e appassionati di un particolare tipo di contenuti digitali, gli NFT.

Woooh NFT!

E già qui scatta l’interesse (il mio almeno). Ma la cosa che mi ha veramente stuzzicato è come Alex, giovane parigino di soli 23 anni, si sia finanziato per andare a realizzare il proprio sogno imprenditoriale in California.

Uh uh, come ha fatto? Adesso te lo racconto. Ma prima, dobbiamo tornare indietro nel tempo.

Ready? Steady? Go!

È il 2020, piena pandemia Covid: Alex è al verde e ha disperato bisogno di soldi freschi per perseguire i suoi sogni da imprenditore del mondo crypto. Il ragazzo, allora, decide di prendere una cryptovaluta di sua invenzione, la $Alex, e venderla più o meno come se fosse un’azione di sé stesso.

Eeeeh? In che senso?

Beh, in sostanza Alex si presenta ad una conferenza di Ethereum a Parigi e là propone ai presenti di acquistare la propria cryptovaluta, o token, in cambio di una percentuale (15%) sui propri proventi per i 3 anni a venire, con un tetto massimo di 100.000 dollari complessivi. Un po’ come quando si investe in un’azienda, insomma (anche se con tutte le differenze del caso). Fatto sta che, caro lettore o lettrice, la community di Ethereum decide di dare fiducia al ragazzo. Grazie a questo escamotage, Alex riesce a racimolare ben 20.000$ in 100 ore! Una bella sommetta eh?

Ebbene, ladies and gents, questo è stata la prima volta che Alex ha venduto quello che viene chiamato “token sociale”, ossia una sorta di mix tra azione, con la quale finanziare una persona, e valuta per comprare, da quella stessa persona, determinati servizi. Accortosi delle potenzialità dell’idea, Alex ha poi col tempo sperimentato altri “privilegi speciali” da offrire in cambio della propria valuta-azione: una newsletter, un gruppo Telegram privato, un sistema di votazione tramite il quali i suoi “azionisti” possono decidere delle sue azioni quotidiane.

Incredibile, vero? Come? Non sai niente di cryptovalute, NFT ed Ethereum vari? Accidenti, hai ragione, allora adesso ti faccio un recap rapido:

  • Cryptovalute: si tratta di valute virtuali, non sottoposte ad emissione, garanzia e controllo da parte di banche centrali o autorità pubbliche. Sono, invece, emesse da una rete di privati, utilizzanti software open source specializzati a tecnologia blockchain. Blockchain che? Nel nostro caso, catene di dati registranti gruppi di transizioni (i blocchi) generate dallo scambio di queste cryptovalute. Queste azioni sono registrate in ordine cronologico e in modo permanente. Le valute digitali permettono, in pochi minuti, di trasferire valore da una parte all’altra del mondo senza nessun intermediario (a parte Internet). Nessuna banca, nessun cambio. Un metodo economico, veloce e molto free (not always legal-friendly);
  • Ethereum: è una rete per la generazione e gestione di smart contract (ed Ether ne è la crytpovaluta). Vi ricordate la rete di privati di cui parlavamo nel punto 1? Ecco. Ethereum è composto da tutti i computer inseriti nella sua rete (nodi). Nessuno controlla Ethereum, nessuno può attaccarlo. Un computerone virtuale decentralizzato, insomma, in cui ogni nodo registra lo stato attuale della blockchain su cui si basano gli smart contract. Gli smart contract, in super sintesi, sono quei contratti virtuali, memorizzati nella blockchain, che garantiscono affidabilità alle transizioni virtuali. Una volta registrato nella blockchain, uno smart contract non può essere cancellato;
  • NFT: Non Fungible Token. Sono certificati di autenticità digitale: degli smart contract, per l’appunto. Grazie alla tecnologia blockchain, permettono di verificare l’autenticità e la proprietà di un determinato contenuto digitale, rendendo noti anche tutti i vari passaggi di proprietà dell’opera.

Bene, questo è il sunto, pieno di “ma” e “non proprio così”, ma del resto non possiamo andare troppo fuori dal tema di quest’articolo, no? Se no l’editore ci bacchetta. Torniamo, quindi, ad Alex e ai token sociali.

Sì, perché anche crytovalute e NFT sono token: oggetti virtuali con un certo valore (variabile a seconda del caso). Ora però, si sente parlare di token “sociali”: con un carattere relazionale (quindi sociale) forte, molto interessante e che li denota rispetto alle altre crypto-cose.

Possiamo dirlo: i token sociali sono un modo per parcellizzare la propria immagine e scambiarla. Un’economia che ha, come base, la reputazione sociale: o meglio, che ha come fondamenta le aspettative di ritorno valoriale che quella reputazione sociale è, ipoteticamente, in grado di offrire. I token sociali sono quindi sia una sorta di azione che, come vedremo meglio fra poco, una moneta, il cui valore dipende fortemente dalla valutazione della reputazione dell’emettente. Una solidificazione digitale di un frammento reputazionale. I token sociali sono, quindi, indissolubilmente legati a una persona e utilizzabili per relazionarsi solo a quella determinata persona.

Un esempio pratico di questo scambio lo abbiamo visto con la storia di Masmej. Ma quali altri esempi di applicazione di questa logica potrei portarti, lettore o lettrice, per stuzzicare il tuo interesse?

Perché non parliamo delle trasformazioni che sta avendo la creator economy proprio sull’onda di questa innovazione tecnologica?

He he. Devi sapere che, dall’altra parte dell’Oceano (U.S.A.), molti influencer, musicisti e creatori di contenuti di vario tipo si sono accorti delle potenzialità di questo “oggetto”, implementandolo nelle loro strategie di finanziamento e coinvolgimento dei fan.

Infatti, i token sociali non solo aiutano i creator a farsi sostenere dalla propria community, condividendo con essa vantaggi finanziari, ma permettono anche ai followers stessi di acquistare l’accesso a vari premi e contenuti extra.

Creano, quindi, una sorta di micro-mercato interno alle communities, economie “indipendenti” dove la moneta sonante è costituita dal token sociale personalizzato. Ecco perché si parla di “creator coin”: valute-azioni (a seconda del caso), il quale valore cresce commisuratamente alla reputazione dell’emettente e della potenza della community. Più viene richiesta, più il valore sale; meno viene richiesta, minore sarà il costo per acquistarla. Perché certo, bisogna acquistarli i token sociali. Mica piovono dal cielo. Cash, cash, cash.

Da dove piovono, quindi, ‘ste creator coin, token sociali e mille altri nomi (quanto ci piace definire, quanto poco lo siamo)?

Una piattaforma che permette ai creator di generare le proprie valute è Rally .

Rally, è stata fondata nel 2020 da Bremner Morris, Nick Milliman, Kurt Patat et al.: tutte persone coinvolte in altri grandi progetti dell’ambito creators & entertainment & affini (Patreon, BratTV, YouTube etc…). La piattaforma, attraverso un determinato protocollo, permette ai creator di generare le proprie monete, per poi utilizzarle nelle dinamiche di engagement e monetizzazione di cui vi ho accennato in precedenza.

Le monete degli autori vengono emesse in base a una curva di token bonding, con un prezzo iniziale del 1% del costo attuale di RLY (cryptovaluta della piattaforma). Utilizzando questo meccanismo, il prezzo di RLY esegue il backup della moneta del creatore con un numero massimo di 21 milioni di monete disponibili. Per maggiori info sul funzionamento, vi consiglio di andare a vedere direttamente nel FAQ della piattaforma.

Rally offre, inoltre, ricompense per le attività delle communities, come incentivi per premiare la partecipazione attiva alla piattaforma. Ogni possessore di un token guadagna una quota proporzionale dei premi della community: il che significa che la community nel suo insieme beneficia direttamente dell’attività di ogni singolo membro. Gli utenti possono partecipare a diverse community e guadagnare premi sulla piattaforma. Interessante, vero?

Bene, conclusioni? Nah, fattele pure in autonomia.

Ti lascio solo un pensiero finale.

Sia chiaro, non mi aspetto che queste due righe che ho scritto siano esaustive dell’argomento crypto-problemi (del resto, ne abbiamo buttata di carne al fuoco!).

Però una cosa è certa: la nostra società sta affrontando un grande cambiamento.

Oggi abbiamo toccato appena quello economico, ma ben sappiamo quanti siano i fronti coinvolti: sociale, culturale, ambientale. Perché sì: il mondo crypto apre a prospettive di utilizzo immense, che porteranno ad un nuovo modo di gestire relazioni e a nuove pratiche umane. Oltre che a tutta una serie di problemi che valà lasciamo perdere, che se no ci facciamo un altro articolo, quelli-non-mancano-mai-dannnazzzione.

Tutto questo è bello? Brutto? Eh no ragazzi, cambiamo modo di approcciarci alla metamorfosi, per favore. Il cambiamento è il cambiamento, punto: e non me ne vogliano i reazionari di tutte le epoche, ma è una realtà che è inutile tentare di bloccare. Bisogna accettarla.

E quindi che si fa?

Studiamo. Conosciamo. Impariamo. E cavalchiamo queste nuove tendenze. Con prudenza, con lungimiranza e con coscienza della scarsa prevedibilità del futuro. Ma cavalchiamo.

Perché l’unico modo di sopravvivere al cambiamento, mio caro lettore e lettrice, è cambiare.

 
 
AUTORE

Elia Brooks

Appassionato di filosofie e arti marziali, alla costante ricerca del giusto equilibrio
 
 

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