Oggi, festa dei lavoratori. Personalmente lavoricchio, controllo la mail, pianifico la settimana (corta), insomma non stacco. E ragiono. Ragiono sulle lamentele dei miei amici, e le condivido. 1000 euro al mese di cui 300 in benzina, contratti deliranti, stage non pagati. E la parte “formativa” dello stage è senza dubbio un plus, ma non nascondo che mi vergogno un po’ ad offrirla alle persone che lavorano con me, per me, da me. Perché in altri tempi, con altre certezze, probabilmente quei ragazzi sarebbero stati prima assunti, poi formati (a spese dell’azienda). Oggi la formazione è a carico del formato, il problema è che la formazione è continua, siamo quindi di fronte a un continuo rincorrere un sogno contrattuale che non arriverà mai.
Partendo da questa triste situazione mi chiedo quando sarà la festa degli imprenditori. E spero venga presto, spero venga presto un momento un cui le partita iva saranno più dei contratti, in cui le persone si renderanno conto che il “vendersi“, lo “standing“, la “progettazione“, sono skill di pari dignità rispetto alle 8 ore di lavoro. La sensazione che ho è che lavorare 12 ore per se stessi sia meglio che lavorarne 8 per un altro, ma sono ben conscio che non tutti nasciamo imprenditori, anche se questa il più delle volte è una scusa per non provare. Chi non può provare, e c’è chi non può (o chi non è portato), deve però a mio avviso almeno avvicinarsi a nuovi modelli ibridi, mi sento di lasciare tre stimoli:
- il posto fisso è una galera: si vive poco, e si vive anche male ultimamente (inquinamento, stress, insomma un casino), meglio collaborare con più realtà, dividere il proprio tempo, fare diverse cose, alla peggio downshiftare (ecco qualche consiglio ed ecco chi fa il giro del mondo con 8 euro al giorno), ma soprattutto meglio fare qualcosa di proprio
- studiate meglio: lo dicevo in questo articolo, l’università fa fatica a stare al passo coi tempi, e le imprese chiedono competenze che l’università non riesce a plasmare. Ma questo gap è colmabile. Sempre più persone hanno fame di costruire osservatori di vita (un blog ad esempio), piccole iniziative e bozze di start up, è questa la via per costruire una proposta di se robusta già durante gli studi
- nel vostro piccolo, fate il massimo: come ho sempre detto mi rendo conto che è quasi offensivo parlare da una posizione di privilegio, però credo sia giusto farlo. L’idea di fare delle esperienze, di usare la rete per farsi vedere (ce l’hai un profilo linkedin? Collabori con un blog? Hai un CV su vizualize? Hai mai organizzato un evento?) e fare rumore è fondamentale. La legge non scritta per cui “qualuno vi noterà e qualche opportunità arriverà” è vera, ve lo garantisco.
La cosa che più mi infastidisce è la dicotomia tra chi lavora e chi fa impresa, un “tu stai dall’altra parte” che non rende giustizia a chi lavora in condizioni oggettivamente sbagliate, ma neanche a chi paga il 52% di tasse (e le paga) ed ha su di se il peso di una responsabilità che non tutti conoscono o comprendono. Sono apolitico perché mi innervosiscono al pari l’assenteismo, certi “ritmi” di lavoro e le lamentele di chi non sa cosa sia lavorare davvero. E probabilmente non lo so nemmeno io che non ho mai messo piede in fonderia. Al pari, dicevo, di chi evade, non paga le tasse. Ma è tutta questione di incentivi, se la pressione fiscale è troppo alta sei incentivato a non pagare, se al lavoro non sei stimolato, sei incentivato a grattarti. E non si parla di incentivi economici (Harvard Business Review di qualche mese fa dice che addirittura sono deleteri). Ma questo essere apolitico per rifiuto verso chi poteva cambiare, non mi evita di chiedermi come si può migliorare questa condizione. La mia risposta è che se i lavoratori diverranno un po’ più imprenditori e gli imprenditori più lavoratori, forse un giorno si potrà festeggiare assieme. Utopie del mattino?