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Klout contro tutti: 4 servizi di social reputation a confronto

Inizierei l’analisi con Klout, probabilmente il più conosciuto (e curato) fra i misuratori di influenza online. Non sprecherò molte parole sul suo funzionamento dato che molti l’hanno già spiegato, ciò che è importante ricordare è che l’online influence di un utente viene misurata sulla base di 3 indicatori principali:

  • True reach: numero di persone che influenziamo direttamente ed indirettamente;
  • Amplification: quanto influenziamo le persone;
  • Network impact: influenza del nostro network di contatti.

Ciò che con Klout è stato creato è un modo per rendere semplice ed intuitiva (a noi utenti finali, l’algoritmo che c’è dietro non è proprio così semplice ed intuitivo) la misurazione dei frutti della nostra presenza online con un punteggio che va da 1 a 100. Quindi più il punteggio si avvicina a 100 e più siamo influenti nella rete. Precisazione: l’influenza non è in generale ma solitamente specifica, ed anzi la regola generale per ottenere una maggiore influenza è proprio quella di orientarsi verso argomenti specifici, come possono essere il social media marketing, il marketing, il management, ecc (sto citando topic che si posso aggiungere al proprio profilo e sui quali normalmente siamo maggiormente attivi).Ideona di Klout è quella dei “perks”, particolari regali che si possono guadagnare sulla base del nostro Klout score. Qui si inseriscono codici promozionali per acquisti in negozi online e off-line, contenuti esclusivi (video, tracce audio scaricabili) e chi più ne ha più ne metta (le opportunità anche per le aziende quindi sono molteplici). L’interfaccia di funzionamento è abbastanza intuitiva, la grafica e la suddivisione in sezioni molto curata.

 

Passiamo ora al secondo tool di misurazione della personal reputation, il più bello a mio avviso (anche se caotico), Empire Avenue.
Spiegare il funzionamento di questo social network non è per niente semplice ma sintetizzando al massimo possiamo definirlo come “il social network azionario” nel quale si possono acquistare e vendere azioni sociali di altri utenti utilizzando una moneta virtuale chiamata “eaves”. Anche qui c’è un punteggio che definisce la nostra attività social ed è lo “share price”, formato dall’attività su facebook, twitter e altri social network più la nostra abilità nella compravendita di azioni sociali di altri utenti. Questo punteggio sale molto oltre il 100, quindi più alto è e più siamo influenti e bravi social invester.L’esperienza d’uso è molto gratificante e, a dispetto degli altri tool impone una presenza nel sito web non solo per visionare le statistiche, ma anche per “giocare” con le proprie azioni sociali, motivo per il quale è stato un buon modo per perdere (o forse è meglio dire “investire” per restare in tema) quasi una mattinata di scrittura tesi. Inoltre, permette di conoscere nuovi utenti che condividono le nostre passioni, così da poterli seguire su twitter: anche qui infatti è possibile, come su Klout, iscriversi a comunità che condividono i propri interessi. Rispetto a Klout è più improntato ad un’esperienzialità nell’utilizzo ma, come già detto, è molto caotico e non ho ancora ben capito se sapendosi muovere bene nella compravendita di azioni sociali si possa controbilanciare un’eventuale assenza nei social network collegati. Da questo punto di vista (semplicità e consapevolezza della composizione dell’indicatore) Klout primeggia.

 

Il terzo web tool è peerindex, quello che reputo più utile per il proprio personal branding, anch’esso permette di valutare l’influenza nei confronti del proprio network utilizzando 3 indicatori (vi ricorda niente?):

  • Activity: quanto ci occupiamo di ciò che ci piace (sulla base delle comunità di cui facciamo parte);
  • Audience: simile al reach visto per Klout;
  • Autority: la fiducia che gli altri utenti hanno in noi.

Anche in questo caso il punteggio va da 1 a 100 ma, se credete che si tratti di una brutta copia di Klout vi sbagliate. Considerate che, con lo stesso periodo di utilizzo il mio klout score è 50 (aumentato dall’iniziale 12), mentre il mio peerindex è fermo (come appena iscritto) a 11, ponendo la mia attenzione su una scarsa Autority (ahimè). Il funzionamento è molto semplice rispetto agli altri 3 strumenti, vista soprattutto la ristrettezza di operazioni da compiere che rappresenta sia un vantaggio (in termini di minor tempo di utilizzo) che uno svantaggio (mi ero dimenticato di avere l’account, il che significa che non c’è un motivo che spinge a tornarci spesso). Molto utile è la possibilità di valutare il peerindex di altri utenti (anche utenti non iscritti, con un numero limitato di metriche disponibili però) confrontando il loro punteggio con il nostro. Vero punto di forza di peerindex, oltre alla semplicità di utilizzo, è proprio l’analisi grafica: la “topic fingerprint” permette infatti di cogliere a prima vista gli argomenti nei quali siamo maggiormente immersi, nel mio caso tecnologia. Questa statistica è molto utile anche in ottica di micropianificazione del proprio personal branding digitale, peerindex infatti aiuta a capire come e che argomenti condividiamo maggiormente sul web. A corredo di tutto ci va una veste grafica nettamente migliorabile, anche se già in parte migliorata grazie all’aggiornamento del 1 marzo che ne segna l’uscita dalla beta.

 

L’ultimo personal reputation tool è Identified, un social network che prende spunto dall’idea di Linkedin ma vi si discosta sostanzialmente poiché abbandona un po’ il social network per professionisti ed è invece indirizzato verso i giovani in cerca di lavoro (boom di utilizzi fra gli under 24). Anche in questo caso è un punteggio a determinare la nostra capacità, anche in questo caso da 1 a 100, sulla base di 4 parametri:

  • Quanto il tuo profilo collide con quello cercato dalle imprese;
  • Il network di contatti (quante persone conosci e quanto alto è il loro punteggio);
  • Esperienza di lavoro: dove hai lavorato e cosa hai fatto;
  • Background educativo: dove hai studiato e cosa.

Più è alto il punteggio e più dovremmo essere richiesti per la nostra professione.
Come possiamo notare questo web tool si discosta non poco rispetto agli altri ed offre la possibilità di incontrare le aziende iscritte su identified (e venire assunti magari), visionare le loro pagine, i loro punteggi, verificare che tipo di profilo viene maggiormente ricercato (scuola di provenienza, lavoro precedente, lavoro successivo, …). Quest’ultima caratteristica è molto interessante, anche se l’ottica con la quale iscriversi su identified (per ora) deve essere di una ricerca worldwide e poco basata sull’Italia (ho trovato il profilo di 2 aziende italiane, autogenerato sulla base dei dati reperiti su facebook e non utilizzati dall’azienda stessa). Aggiungo la possibilità di visualizzare il profilo delle università, che permette di cogliere quali lauree vanno per la maggiore e quali aziende principalmente vengono a contatto con queste. Per concludere con identified, riporto quanto scritto proprio nell’”about us” del sito web: “With Identified, you get immediate feedback on what other professionals and companies think of you, and how you can improve your professional image.” Mica male direi.

 

Riassumendo:

  • Per passare il tempo (e giocare al “piccolo investitore”): Empire Avenue
  • Per nuove conoscenze professionali: Klout ed Empire Avenue
  •  Per pianificare il proprio personal branding: Peerindex e Klout
  • Per capire cosa vogliono da voi le imprese: Identified

 

Cos’hanno quindi in comune questi social tool?
Indubbiamente la scelta di un punteggio, tanto cara e geniale e allo stesso tempo amara, tutti infatti siamo stati abituati ad essere etichettati con un punteggio (si pensi ai voti scolastici e ai punti sulla patente) e ci permette facilmente di ricollegarci ad emozioni e spinte all’azione (Ma tutta questa semplicità non concorre forse a creare una perdita di informazione?). Tutti e 4 i tool utilizzano i dati che provengono da più social network per ottenere una valutazione integrata della nostra presenza online (a parte identified che utilizza solo i dati di facebook). Gamification ed esperienzialità di utilizzo sono maggiormente presenti in Klout ed Empireavenue (grazie a perks, premi basati sul punteggio, compravendita di azioni sociali, ecc) mentre peerindex ed identified sono ancora scarni e poveri da questo punto di vista (anche se peerindex sembra aver introdotto i “peerperk” dopo l’aggiornamento).
Una pecca è forse per ora l’assenza di un supporto per la community italiana, poiché quasi tutto è basato sul mercato americano (i perks su klout e peerindex ed i brand su identified ed Empire Avenue). Collegata a questo è da notare la mancanza della lingua italiana in tutti e 4 i siti web, fattore che ne impedisce l’accesso al grande pubblico (che poi probabilmente non se ne farebbe nulla di sti tool).

A questo punto sorgono spontanee alcune domande:
Il giudizio espresso da Klout e company collide con quello che gli altri hanno di noi nella realtà? E che tipo di influenza esercitiamo (positiva, negativa, istruttiva, informativa, comica, ..)?
Siamo sicuri che la social (online) reputation sia davvero così essenziale per la nostra vita (professionale, ma non solo)? E se effettivamente lo fosse, un punteggio (quantitativo) può racchiudere tutte le sfaccettature (qualitative) di cui è composta una reputazione?
Da questo punto di vista, resto dell’idea che Empireavenue almeno permetta di divertirsi un po’ e di mettersi in gioco con le proprie abilità, forse questo aspetto (l’entertainment) è la vera propensione futura di questi strumenti che quindi dovrebbero essere presi più alla leggera.

E voi che ne pensate?

 

Credit for Image: pmi.toweb.co

 
 
AUTORE

Marco Papa

Se devo riassumermi in 4 parole, queste sarebbero: sognatore, preciso, diplomatico e free thinker. Sempre alla ricerca di nuovi stimoli, appena conclusa la laurea in Marketing e Comunicazione nel 2012 ho deciso di vivere e lavorare a Singapore, a circa 14000 Km dalla mia città natale, Asolo. Appassionato di musica anni ’80 e di Star Wars, adoro allenarmi in palestra, fare Longboarding e Dragon Boat. Rileggete due volte l’ultima parola, non vorrei fraintendeste.
 
 

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