Marketingarena, stai diventando vecchio (eh si, marketingarena è un uomo). Era il 26 gennaio 2006 quando chi ancora vi annoia si chiedeva se “si può fare marketing con 100 euro?“. Internet non dimentica, e tutto sommato non provo imbarazzo di fronte ai vetusti pensieri di uno studente di internet in un tempo in cui i blog non dovevano alzare gli scudi e proteggersi dai dardi del plagio e dell’autoreferenzialità.

Oggi molte cose sono cambiate e per chi ha creduto nel personal branding prima che questo termine fosse coniato è forse il momento di fare delle scelte, o almeno di farsi delle domande. Se fossi un rapper affermato probabilmente direi “questa va per i freelance” perché il dubbio su cui vorrei ragionare è spesso oggetto di discussione proprio tra chi svolge attività di consulenza o servizio in autonomia. Almeno in parte. Non credo molto nella stabilità, credo nell’evoluzione continua delle cose e dei fenomeni economici ed ho sempre visto le aziende rispecchiare “un trend”, sia esso di crescita o decrescita (non per forza un male), ma come è per le aziende così anche i consulenti (o persone-azienda) rispecchiano una tendenza che è però molto più figlia della qualità che si riesce ad esprimere rispetto alla contingenza o alle rendite di posizione che a volte garantiscono alle aziende “storiche” vantaggi indipendenti dalle abilità o dalla qualità e non correlati con il servizio offerto (banalmente mettete un chiosco di panini in stazione a Roma e qualcosa venderete per forza).

La discussione che spesso mi trovo ad affrontare con chi come me svolge attività di consulenza si basa soprattutto su una domanda: cosa faremo da grandi? Intravedo 3 percorsi:

  • fare il consulente a vita
  • fare il dipendente
  • integrare competenze e divenire agenzia

Il secondo modello è quello di rifugio, per chi non ce la fa o è semplicemente stanco di quelle derive esterne che questo mestiere comporta (amministrazione, recupero crediti, sviluppo commerciale). Il primo e il terzo modello invece possono essere visti come evolutivi (1-3) o meno, di certo il consulente (o il grafico, o il copy freelance) incentra sulla propria artigianalità e persona il lavoro, spesso un vantaggio ma a volte un limite. L’overload di lavoro che spesso caratterizza chi fa questo mestiere con un minimo di cura porta a pensare “a fare il salto” divenendo agenzia a patto di avere spirito imprenditoriale, forza economica e volontà di farsi carico di una serie di attività, il commerciale su tutte, non per forza piacevoli per chi fino a ieri faceva al meglio poche cose e di qualità. L’evoluzione intermedia è lo “studio associato” di professionisti che garantiscono un servizio integrato. Personalmente percepisco il fatto che la crescita di volumi passa anche dall’integrazione delle competenze e fa un’offerta globale, da una struttura più complessa e un portafoglio clienti più ampio, ma più di questa prospettiva mi preoccupa il “limbo” che molti “freelance potenzialmente a vita” dichiarano di vivere.

Problema condiviso?