Chi è pronto a pagare le news on line? L’argomento è caldo ed è stato oggetto di una delle ultime riflessioni di marketingarena, interessantissimi in merito anche i contributi di Luca de Biase. Filippo rilancia segnalandomi un approfondimento del corriere economia che cita una ricerca Boston Consulting (quindi tosta..) che avvalora l’idea di fondo fino ad oggi circolata e circolante: i giornali possono farcela ma devono reinventarsi pesantemente.
La buona notizia è legata alla mantenuta forza e riconoscibilità dei grandi brand, Corriere Della Sera e Repubblica restano nomi importanti, anche on line. Le sorprese però iniziano ad arrivare se si valuta la disponibilità a pagare per la versione on line del quotidiano (49% degli intervistati pagherebbe 5 euro al mese per un abbonamento) o la richiesta di ricevere a pagamento una rassegna stampa personalizzata.
Il 53% degli intervistati legge quotidiani on line per più di 20 minuti al giorno, questo dato è emblematico e conferma la disponibilità di attenzione e la voglia di notizie di qualità, disponibilità che potrebbe quindi ben coesistere con la gratuità dei contenuti provenienti dai blog, sempre più spesso commenti a notizie che da qualche parte devono pur emergere.. Detto quindi dello spazio disponibile e del certo business ancora esistente va capito come e cosa i giornali devono fare per non perdere la propria leadership. La risposta a mio avviso è non rimanere immobili, molti giornali on line, anche i principali, scontano l’effetto tabloid: gossip, tette&culi, video “virali” stanno creando un’infrastruttura di traffico che probabilmente permette ai commerciali di citare “x mila visite al giorno” per vendere i banner, e tutto sommato ci sta. Volendo dare valore alla notizia e alla penna di certo partono in pole position le testate economiche o specialistiche ma anche la buona notizia di politica o cultura o cronaca potrebbe valere due lire on line, l’unico problema (ed ecco il paradosso) rimane a mio avviso il giornale stesso. Il giornale è oggi un contenitore che propone un punto di vista ben poco flessibile che difficilmente si adatta alla struttura reticolare, si potrebbe forse riflettere sull’idea di far pagare le notizie e non i giornali, come itunes e l’ipod hanno ucciso le 17 tracce di un cd un eventuale news store (il device non manca) potrebbe soddisfare la forte domanda di mash up di contenuti emergente.
che ne dite?