Parlare di riufiuti in questo blog, quando oramai tutta l’Italia ne parla e, ahi noi, anche l’estero, può sembrare polemico e ridondante. Ma quello che voglio proporvi è una buona notizia, prometto!
Forse non ci pensiamo, ma metà dei prodotti che compriamo al supermercato finiscono nel bidone dell’immondizia…come imballaggi! Su 31 milioni di tonnellate di immondizia prodotto ogni anno in Italia, 12 milioni sono solo contenitori. [Fonte Repubblica.].
Da qui un’iniziativa degna di nota: la spesa sfusa. Primo a crederci fu il Piemonte nel 2006 (in Austria e Svizzera già c’erano arrivati da tempo!), quando sovvenzionò punti vendita che stimolavano il riciclo dei contenitori. Finché si arriva ai giorni nostri in cui si è intessuta una fitta rete di attori tra Associazioni, Società di consulenza, Grande Distribuzione, Consumatori e Amministrazioni, che permettono alla massaia attenta di recarsi al supermercato, di prendersi il cibo o i detersivi che le servono (solo quel tanto che le servono), gustare un po’ di sapore antico dei vecchi tempi e magari risparmiare qualche euro, uscire e non preoccuparsi troppo se la sua auto non è un euro 4 con filtro antiparticolato: lei il suo dovere nei confronti dell’ambiente l’ha fatto!
Chi ci crede in quest’iniziativa non è un visionario, ma sono ben tre catene: Auchan, Crai e Coop, assieme ad associazioni come PLEF che cerca di rendere praticabili i principi dello sviluppo sostenbile in una cultura di mercato, Ecologos che ha monitorato il progetto dei detersivi self service in Piemonte mostrando risultati incoraggianti, e la Regione Piemonte. Un modello relazionale che speriamo si replichi preso in tutta la Penisola.
Tutta questa attenzione proviene, secondo me, dal fatto che davvero c’è uno spazio di creazione di valore. Di certo il consumatore di oggi è attento alle problematiche ecologiche, ma delle volte mi sembra che le inizitive per la sostenibilità…non siano sostenibili. E che dopo l’euforia iniziale perdino di fascino.
Mi sembra invece che la spesa sfusa abbia buone credenziali per imporsi come nuova abitudine quotidiana. Alle spalle c’è un sistema che non fa una piega, ci sono risultati provati dalle best practise, non è troppo invasiva del normale agire quotidiano, non alleggerisce il portafoglio. E’ osannata da esperti di sociologia dei consumi come Codeluppi e da opinion leader come l’ottima Milena Gabanelli.
In più, e questo mi fa ben sperare, c’è grande spazio per il marketing e la comunicazione per vestire come di deve l’iniziativa. Idee come il rispolvero di un gusto retrò della spesa (quanti di voi hanno il nonno che raccontava delle sigarette comprate sfuse?), quasi un ritorno al genuino, o la coscienza di aver fatto qualcosa di concreto per l’ambiente sono forti driver per la spinta all’uso.
E ancora, che ruolo potranno avere nella mente del consumatore le catene che adottano i dispenser per la spesa sfusa? Metteranno la marca al latte nella cisterna? O si faranno garanti loro della qualità del prodotto?
Continuamo a immaginare che per assurdo il modello si imponga: che ne sarà delle imprese produttrici alimentari o di beni per la casa? Come si sposteranno i rapporti di forza all’interno del canale? Ma soprattutto che ne sarà delle aziende che producono imballaggi?
Nal frattempo vi invito a meditare sulle vostre abitudini quotidiane…cum grano salis!