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Sono stato molto colpito da una scoperta fatta di recente leggendo il libro di Ian Ayre “Super Crunches: il futuro è di chi gioca con i numeri alla velocità della luce”, che caldamente consiglio. Non ho finito il libro, quindi tornerò sull’argomento, ma ritengo che le prime pagine offrano già spunti interessanti. I casinò americani Harrah’s hanno investito sui dati, hanno dotato i clienti di schede magnetiche ed investigato su vari criteri (razza, ceto sociale, reddito, zona di residenza (!) ) per arrivare alla definizione di un indice che viene definito indice di sofferenza.

L’indice di sofferenza stima una cifra che il singolo cliente può arrivare a perdere prima di passare da uno stato di divertimento da gioco ad uno stato di insoddisfazione e frustrazione. Una volta stabilito che per il cliente Gino l’indice di sofferenza è a 500 euro, la direzione del casinò riceve un alert alla perdita del 500esimo euro alle slot machine ed invia un “ambasciatore della fortuna” che, cito testualmente il libro, dice a Gino “vedo che oggi è una giornata storta. So che le piacciono le bistecche del nostro ristorante. Perchè adesso non ci porta sua moglie? Offriamo noi, naturalmente“. Trasformare l’insoddisfazione in esperienza positiva è forse il sogno di ogni markettaro, mi sembra però che in questo caso il limite etico che spesso cerchiamo di individuare sia stato superato da un pezzo.. che dite?