Sembra quasi incredibile entrare in un ipermercato e trovare vicino alla casse, fra un “Kit per restare in forma” e le clementine, un nuovissimo Suv, il DR5, in vendita a soli 15.900 euro. La quantomeno “originale” idea di vendere questa automobile di produzione italo-cinese per 6 mesi, dal 12 di dicembre esclusivamente nel insegna “Iper” è venuta alla DR motor company, casa automobilistica con sede a Macchia d’Isernia nel Molise. In realtà non è una novità assoluta, in quanto la stessa azienda aveva testato il sistema qualche mese prima in un altro ipermercato di Brescia.
La motivazione di questa scelta distributiva? “Perché ormai l’Iper è diventata la seconda casa degli italiani” sostiene Massimo Di Torre della DR.
Ma quali possono essere i rischi di questa operazione?
Per rispondere a questa domanda credo sia utile scindere il problema e guardarlo da due punti di vista, quello del produttore (DR) e quello del distributore (ipermercato).
I vantaggi per la casa automobilistica possono essere quelli di scegliere un canale alternativo (despecializzato) per vendere un prodotto (l’automobile) che di solito si vende nel canale specializzato (autosalone) cercando di essere molto aggressiva sul prezzo. Personalmente credo che a) la competizione basata esclusivamente sul prezzo sia svantaggiosa per l’industria in quanto distrugge valore (vendita sottocosto) e b) il consumatore possa percepire questa collocazione all’interno del punto vendita non positivamente presentando dubbi circa garanzie, assistenza post vendita, ma anche assistenza all’acquisto (in quanto l’affluenza di clientela in un Iper è nettamente superiore a quella di un autosalone per cui per il venditore/i sarà più difficile gestire molti potenziali acquirenti allo stesso tempo).
Per quanto riguarda i distributore credo invece che la scelta di vendere questo Suv nei propri punti vendita sia motivato dal tentativo di risollevare le sorti delle grandi superfici che negli ultimi anni stanno cedendo il passo sempre di più alle superfici specializzate (i c.d. category killer, penso ad esempio ad Ikea per l’arredamento).
Una delle ragioni della crisi degli ipermercati è dovuta proprio alla competizione con i negozi specializzati, che in questi ultimi anni stanno ritornando a crescere significativamente in seguito ai cambiamenti nei comportamenti di acquisto dei consumatori.
La struttura dell’assortimento degli Iper prevede un 35-40% dedicato al no- food. Proprio a causa della rinascita delle superfici specializzate quest’area dell’ipermercato ha subito una contrazione delle vendita di circa il 20% solo quest’anno.
Concludendo credo che la scelta di vendere il Suv all’interno dell’Iper sia controproducente per il produttore (oltre che per il prezzo anche per l’immagine stessa del Suv) e scelta quasi obbligata per l’Iper nel tentativo di arginare la concorrenza con le superfici specializzate.
E per il consumatore? Dipenderà molto dalla qualità del prodotto e soprattutto dalla rete di assistenza post vendita che Dr sarà in grado di installare. Personalmente sono molto scettico sulla riuscita di questa operazione.
Voi che ne pensate?
FONTI: Corriere della Sera, mercoledi 19 dicembre.
Francesco Berri