Vi racconto una bella storia di evento virale. Nel 2004 a Sidney, un certo Juann Mann (pseudonimo) torna a casa dopo un soggiorno a Londra e..nessuno lo caga! Sentendosi uno straniero nella sua città natale, capisce quello che davvero può contare un abbraccio spontaneo! Da allora diventa la sua filosofia, ma la svolta avviene solo nel settembre 2006, quando il nostro Juann pubblica un video…surprise surprise su Youtube. Sembra una cosa da niente, insomma, vedi un tipo con un cartello “FREE HUGS” in un centro commerciale che abbraccia tutti. La cosa a mio avviso che ha fatto la differenza è che ci ha messo una colonna sonora [“All the same”, Sick Puppies] rockeggiante e il filmato si è coperto di quell’allure che hanno i videoclip musicali. Risultato: il video ha fatto il giro del mondo. Da qui la propagazione del virus: USA, Tel-Aviv, Taipei, Roma, e giù fino a ben 24 Paesi, tutti che filmano i loro abbracci; Juann ospite a trasmissioni televisive, sito ad-hoc , rimandi continui in tutti i telegiornali. Per non parlare della band: questi giovinastri che lavorano al centro commerciale, scrivono una canzone per l’amico Juann, filmano degli spezzoni mentre lui freehugga tutti, mandano in rete e raggiungono un successo inaudito. O il centro commerciale, il Pitt Street Mall, che si sta facendo conoscere come la culla di questo affetto dilagante! Pensate: “visitate il mall dove ognuno si abbraccia”…
Guardando questa cosa dal punto di vista del marketing, è doveroso rilevare come questo fenomeno sia squisitamente virale. Alle spalle, però, non c’è una strategia deliberata o chissà che piano, no: la forza propagante non è altro che la bellezza di un abbraccio. Discorsi fatti e riscaldati come la necessità di contatto disinteressato e umano in un mondo virtuale e individualista come quello di oggi (passatemi lo schematismo), sono scontati. E’ emerso un segnale di quanto la nostra società abbia bisogno di amore? o è questo un fenomeno di moda, autoreferenziale?
A tal proposito cito un movimento parallelo, i Random Act of Kindness: tutti quei gesti di gentilezza che si fanno a estranei e in modo assolutamente no profit e talvolta senza senso (avete presente il film di Amelie?). Esponente di spicco è uno scrittore inglese, Danny Wallace, che un bel giorno mise un annuncio con scritto “Join me – manda una fototessera all’indirizzo…”. Ebbene, dopo un sacco di risposte inaspettatamente gentili, scrive un libro, crea un sito, dei rituali e adirittura una micronation virtuale in cui tutti gli abitanti, cioè i loggati, fanno atti di gentilezza reciproci .

Punto due. E’ indubbio che il successo di questa campagna non avrebbe potuto essere neanche minimente pensato senza la Rete, e in particolare senza Youtube. E’ proprio un esempio di come la le ICT cambino il paradigma comunicativo e le connesse opportunità di reaching.

Punto tre. E’ possibile sfruttare tutto ciò in termini di marketing? Ad esempio, la band ci ha super guadagnato, ma ora che si ha la consapevolezza del fenomeno, è possibile che qualcun altro, oltre Youtube e il suo advertising, estragga valore? La questione è secondo me molto affascinante. La potenza dell’epidemia virale si ha avuta perché si fonda su qualcosa di assolutamente disinteressato. Vi chiedo, siamo di fronte al paradosso tipico: finchè non è virale funziona, diventa (deliberatamente) virale e non funziona più? O magari la gente si stufa semplicemente perché il fenomeno si esaurisce da solo, ma chi lo saprebbe mai…

In ogni caso, se un bell’estraneo mi offrisse un abbraccio… io me lo prenderei!!

Erica Pegoraro per marketingarena