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La via dell’internazionalizzazione

 

Potremmo definire internazionale un’impresa che realizza almeno il 50% delle proprie vendite all’estero.

Ora, non è un mistero per nessuno che l’Italia su questo piano sia ancora molto indietro rispetto ai principali paesi avanzati, ma quello che viene da chiedersi è perché un paese come il nostro, dove sicuramente non manca un potenziale industriale di base per affrontare il mercato estero, non riesca ad entrare nello scenario internazionale con una posizione di rilievo.

Come dice infatti Gallino nel suo interessanteglobaliz libro “L’Italia industriale scomparsa”, – per un paese in via di sviluppo che un’industria di base non ce l’ha, il fatto di non entrare nei primi posti delle classifiche mondiali può rappresentare anche una situazione accettabile, ma per un paese come l’Italia che nel passato è stato tra i primi paesi industriali del mondo ciò rappresenta una rovinosa caduta -.

Se andiamo poi a rivederci la storia industriale italiana, ci si rende conto di come alcuni settori dell’industria manifatturiera siano completamente scomparsi dallo scenario internazionale: è il caso di Olivetti (una delle aziende più avanzate e conosciute nel mondo che l’Italia abbia mai avuto), il cui disfacimento ha rappresentato la scomparsa del nostro paese in un ruolo di spicco nell’industria informatica; potremo inoltre aggiungere la mancata adesione del nostro paese al consorzio Airbus che avrebbe portato l’Italia ad essere una delle co-protagoniste della più grande filiera tecnologica esistente oggi in Europa.

Per quanto riguarda invece le imprese manifatturiere attualmente attive (escludendo qualche caso di eccellenza), queste faticano molto ad affacciarsi nel mercato internazionale o perché intimorite dalla concorrenza dei grandi colossi stranieri che hanno oramai una posizione consolidata a livello globale, o perché c’è un’incapacità di fondo nell’analizzare il mercato estero e cogliere a pieno le opportunità che vi sono presenti (il caso Airbus è un ottimo esempio).

Ci troviamo allora di fronte ad una situazione non proprio rosea e, in un mercato completamente globalizzato come quello attuale, la scarsa presenza delle nostre imprese in questo scenario rappresenta sicuramente una drastica caduta del sistema italiano nel panorama internazionale.

Ma cosa bisogna fare per risollevare la nostra industria?

Sicuramente è necessario in primis un forte contributo da parte dello stato attraverso un piano industriale che consenta alle nostre imprese di affrontare in modo efficiente i mercato globali (agevolazioni fiscali, procedure burocratiche più snelle, ecc.), ma soprattutto è necessario un nuovo modo di interpretare il mercato internazionale da parte dei nostri manager, magari prendendo spunto da imprese che negli ultimi anni hanno dimostrato una forte capacità nel cogliere le varie sfide (vedi Fiat) e cercando di rilanciare quel concetto di Made in Italy per il quale siamo apprezzati in tutto il mondo ma che ultimamente sta subendo una forte riduzione del suo appeal.

Voi che ne pensate?

 
 
AUTORE

Giorgio Soffiato

Markettaro per passione, dal 1983. Mente creativa e progettuale dell'azienda, fa chilometri e supera ostacoli in nome della rivoluzione arancione chiamata Marketing Arena. Cavallo Pazzo.
 
 

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